Chi ci guadagna e chi ci perde dall’attacco agli impianti petroliferi sauditi

Chi ci guadagna e chi ci perde dall’attacco agli impianti petroliferi sauditi

18. 09. 2019 Off Di admin

La situazione che si è creata a seguito degli attacchi ai due impianti petroliferi sauditi vede vincitori e vinti. Ne esce sconfitta sicuramente l’Arabia Saudita che ha subito un brutto colpo economico e industriale ma anche politico, vincono invece i fracker statunitensi, non ne escono male i consumatori che alla fine non subiranno grandi aumenti dei carburanti. Ma il vero vincitore è il mercato, sempre al centro delle critiche, che è riuscito a stabilizzare in fretta la situazione senza grandi contraccolpi. L’Agi ne ha parlato con il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli.

ARABIA SAUDITA E MBS

“L’Arabia Saudita e’ il primo paese per riserve di petrolio al mondo di buona qualità, c’e’ anche il Venezuela ma ha petrolio di qualità inferiore. Pertanto Riad perde partendo da una posizione di estremo vantaggio però la botta, il colpo è pesante. Ogni giorno sono 300 milioni di dollari di perdite di vendite di petrolio. A questo va aggiunto tutto il danno economico per ricostruire, che sarà pari a circa un miliardo di dollari.

Ma l’aspetto più preoccupante è che si dimostra la vulnerabilità dell’Arabia Saudita ad attacchi come mai era successo prima in Medio Oriente e nel Golfo Persico. Questa è una sconfitta per l’artefice della politica saudita degli ultimi anni ovvero Mohammad Bin Salman, il giovane principe, irrequieto e scalpitante. Colui che ha deciso di essere molto duro nei confronti dell’Iran. Colui che ha appoggiato il governo yemenita contro i ribelli houthi e che pertanto, sotto il profilo militare, sta perdendo, almeno in questo momento”.

IRAN

“L’Iran non esce vinto. È sotto pressione ma la comunità internazionale si sta accorgendo, e lo ha fatto anche Trump, che non si può continuare così, in particolare con le sanzioni. Bisogna stare molto attenti che al governo iraniano non sfugga di mano il controllo della guardia rivoluzionaria che probabilmente è dietro gli attacchi”.

GLI USA E I FRACKER

“Negli Stati Uniti vincono certamente i fracker americani. Trump è più tranquillo perché di petrolio in giro per il mondo ce ne è tantissimo grazie al raddoppio della produzione americana che è arrivata a 12,5 milioni di barili al giorno e l’anno prossimo aumenterà di un altro milione di barili al giorno. Gli americani sono tranquilli ma di questa tranquillità stanno beneficiando anche l’Italia, l’Europa, la Cina, perché se i prezzi di fronte a questa situazione sono aumentati solo del 10% a 66 dollari e non sono triplicati a 200 dollari come era successo negli anni ’70 questo è dovuto all’eccesso di offerta garantito dalla rivoluzione del fracking degli Stati Uniti”.

IL MERCATO

“Chi vince è certamente il mercato. Contrariamente a quello che si sente dire, perché è molto facile accusare la speculazione, il mercato ha tenuto botta. Fosse accaduto negli anni ’70 quello che è successo venerdì notte, la reazione sarebbe stata sicuramente peggiore. Quando non esisteva la finanza, i futures e avevamo contratti di lungo termine, quando l’Opec faceva le sue riunioni in solitaria, avremmo avuto dei prezzi molto piu’ irrequieti, molto piu’ instabili rispetto a ora”.

I CONSUMATORI

“I consumatori sono in una posizione che possiamo definire neutra. Certamente 2-3 centesimi al litro per la benzina e il gasolio non cambiano un granché perché siamo sempre a 5-10 centesimi in meno rispetto a un anno fa. Pagano qualcosa in più ma, grazie al mercato, a loro è andata bene”.

LA CINA

“La Cina è in una posizione sostanzialmente neutrale. Sta alla larga, gioca in difesa. Non vuole sostituire gli Usa nel Medio Oriente per cercare di stabilizzare l’area. Ormai è chiaro, da Obama in poi e al di la’ del colore del presidente, che gli Usa non vogliono uscire dal Medio Oriente e arretrare dal loro ruolo di poliziotto. Alla Cina va bene e se ne sta alla larga, sono neutrali e ne escono un po’ vincitori. Sono gli Usa a esporsi, anche se con moderazione perché non vogliono far la guerra. E perché non è chiarissimo da dove siano partiti questi droni. Non è escluso che ci sia qualcosa all’interno dell’Arabia Saudita. Ci potrebbe essere una crepa all’interno del sistema saudita. E questo sarebbe pericoloso, anche perché si tratta del sistema più stabile in Medio Oriente da 80 anni”. 

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