Il coronavirus è peggio di Lehman Brothers. A Wall Street il maggior calo dal 1987

Il coronavirus è peggio di Lehman Brothers. A Wall Street il maggior calo dal 1987

16. 03. 2020 Off Di admin

Dopo una chiusura in forte ribasso in Europa, con Milano in calo di oltre il 6%, il panico da coronavirus affonda Wall Street. Non sono bastati né l’intervento della Federal Reserve né l’annunciata volontà del G7 di agire in modo coordinato per salvare l’economia a raffreddare i timori degli investitori.

Il Dow Jones ha lasciato sul terreno il 12,94%, nella peggior sessione dal lunedì nero del 1987, quando l’orso si fermò al 22,6%. In termini assoluti la perdita è pari a 2.997 punti, il saldo negativo maggiore di sempre. E mai così male era andato il Nasdaq che ha terminato la giornata con un ribasso del 12,32% a 6.904 punti. L’S&P 500 ha invece ceduto l’11,57%.

Dai massimi del mese scorso il listino statunitense ha visto andare in fump circa il 30% del suo valore.
Neanche Donald Trump è riuscito a fermare l’emorragia. Anzi, il suo avvertimento che l’economia statunitense potrebbe finire in recessione nel secondo trimestre e l’avviso che l’epidemia potrebbe durare fino all’estate hanno rafforzato l’ondata di vendite sul finale di sessione.

A peggiorare le cose ci si è messo poi il nuovo tracollo del prezzo del petrolio. Il Wti ha perso il 9,5%% a 28,70 dollari a barile al Nymex, trascinando sul fondo con se’ l’intero comparto energetico.

Il tracollo delle compagnie aeree

Le compagnie aeree hanno pagato un pesante dazio alla chiusura dei confini decisa da molti Paesi, nonostante lo stesso presidente Usa abbia fatto sapere che è pronto a sostenerle “al 100%”. Dalle aviolinee è arrivata una richiesta di 50 miliardi di dollari per far fronte ai danni del coronavirus. E poco gradita al listino è stata anche la decisione di molte banche di sospende i loro piani di buyback.

Tra gli investitori si fa strada la sensazione che neanche le autorità sappiano con certezza quando il Covid-19 deciderà di farsi da parte. E il conto dei danni prodotti all’economia si fa ogni giorno più salato. A provare a rassicurarli, anch’egli senza grande successo, ha tentato il consigliere economico della casa Bianca, Larry Kudlow, che ha calcolato in 400 miliardi di dollari il valore delle misure già annunciate dall’amministrazione Trump. Cifra che potrebbe salire a 800 miliardi di dollari se il Congresso approverà il taglio delle tasse sui salari proposto dal presidente.

Le banche centrali non bastano

L’intervento a sorpresa della Fed, affermano gli analisti, fa pensare che la preoccupazione per lo stato di salute dell’economia sia davvero molto alta e che gli arsenali siano ormai scarichi. Gli investitori cominciano a chiedersi quanto altro possano fare le banche centrali in assenza di misure coordinate e tempestive dei governi. E in questo senso il comunicato del G7 non ha fatto che provocare ulteriore delusione: molti buoni principi e poche misure concrete.

In fuga dall’azionario il denaro continua a spostarsi sull’obbligazionario. Non si ferma infatti la corsa dei Treasuries, con il rendimento del decennale al minimo record dello 0,732%, dallo 0,946% della fine della settimana scorsa.

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