La fuga di Ghosn potrebbe avere serie conseguenze sui rapporti tra Parigi e Tokyo

La fuga di Ghosn potrebbe avere serie conseguenze sui rapporti tra Parigi e Tokyo

02. 01. 2020 Off Di admin

C’è chi parla di “Nissanexit” o di una “Renexit”, ossia della rottura dell’alleanza Renault-Nissan. Ma l’effetto dell’annuncio del ministro francese circa il fatto che il paese non estraderà mai Carlos Ghosn, qualora l’ex tycoon dell’automobile dovesse lasciare il Libano e trovare riparo nel paese d’Oltralpe, potrebbe avere effetti ancor più devastanti. Rischia infatti di minare fortemente i rapporti tra Tokyo e Parigi. Vale a dire, la rocambolesca fuga di Ghosn – fuggito in Libano dal Giappone in attesa di essere processato per frode fiscale – potrebbe mettere in discussione gli accordi fra i due paesi, rappresentando cosi’ un vero e proprio tsunami per il mondo diplomatico.

Ghosn è scappato dal Giappone gettando apertamente un’accusa contro la giustizia nipponica considerata troppo poco garantista, e sostenendo chiaramente di voler essere processato in Francia, paese del quale (assieme a Libano e Brasile) ha la cittadinanza. Vero che la Francia non ha obbligo di estradizione verso paesi che non siano parte dell’Unione Europea, ma è altrettanto vero che è importante per il paese mantenere relazioni stabili con il Giappone, soprattutto per l’economia e in particolar modo per il comparto manifatturiero.

Ghosn, il killer dei costi

Negli ultimi tempi, il Giappone ha ‘soffertò non poco l’alleanza Renault-Nissan e sembra chiaro a tutti che ha fatto pressione affinché la casa francese non stringesse accordi con Fca (che poi invece lo ha fatto con Psa Peugeot). Da tempo, il governo francese lavorava per cercare di risolvere le tensioni e rafforzare nuovamente l’Alleanza. Ma ora la situazione si complica ulteriormente. Ghosn era stato scelto proprio per la sua fama di “cost killer”, di “killer dei costi”, basata sulla sua capacità di trasformare le aziende sull’orlo del fallimento in società redditizie, come amministratore delegato di Nissan Motor.

Era andato in Giappone nel 1999, dopo che Renault si era impossessata del 44% delle azioni del secondo marchio automobilistico nipponico. Il suo contributo in Nissan è stato decisivo visto che ha costruito le basi della svolta verso il settore dell’auto elettrica e lanciato la Leaf, la vettura a batteria più venduta al mondo. Un successo che gli è servito, visto che nel 2005 ottiene l’incarico di amministratore delegato del Gruppo Renault e Nissan.

Nel 2017, lascia la guida di Nissan, mantenendo solo l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione, per concentrarsi sull’alleanza Renault-Nissan, la quale grazie anche al contributo fondamentale dell’acquisto del 34% di Mitsubishi, si è guadagnata la prima posizione fra i costruttori mondiali per numero di veicoli commerciali venduti nel 2017, superando Volkswagen e Toyota. Ciò ha confermato la validità dell’alleanza Renault Nissan: una partnership d’acciaio che ha consentito ai due gruppi anche di guardare al futuro, grazie allo scambio di tecnologie reso ancora più ricco con l’apporto di Mitsubishi. E ora, se avvenisse un divorzio, potrebbe mettere seriamente in difficoltà la tenuta dei conti.

L’arresto per violazioni alla legge fiscale

Sono in molti a sostenere che in Giappone una possibile fusione tra Renault e Nissan facesse venire più di un mal di pancia per questioni di interessi nazionali e di orgoglio e che quindi l’arresto di Ghosn – incriminato per violazioni alla legge fiscale – il quale era un vivace sponsor di un’operazione di questo tipo, sia strettamente collegata.

In realtà, secondo i bene informati, alla base di tutto c’era il fatto che Nissan temeva uno squilibrio a favore della Renault, a cominciare ad esempio dal calendario di lancio di nuovi modelli pesantemente condizionato dalla prelazione della casa francese su certi mercati. L’idea di Ghosn – ricorda FT – era appunto quella di impostare un percorso di integrazione sempre maggiore, con l’obiettivo di raggiungere 10 miliardi di euro di sinergie congiunte entro il 2022, rendendo cosi’ l’alleanza “irreversibile”.

Dopo il suo arresto, invece, sono emersi rapporti sempre più tesi tra i team dei rispettivi vertici. E se Renault sembra che abbia proprio in quell’occasione spinto per una fusione che avrebbe assicurato i suoi legami con la Nissan, a sua volta Nissan ha cercato di negoziare la vendita di una parte della partecipazione di Renault in Nissan. Anzi, ha rivelato qualche settimana fa il Wall Street Journal, gli ingegneri nipponici hanno lavorato per evitare di collaborare alla progettazione dei veicoli.

Il calo delle vendite delle auto

La discordia peraltro sta minacciando la redditività di entrambe le case automobilistiche. I prezzi delle azioni sia della Nissan che della Renault sono scesi di un terzo dall’arresto del signor Ghosn. Nei primi 11 mesi dell’anno, le due società hanno venduto più di mezzo milione di auto in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Entrambe hanno perso denaro nella vendita di veicoli nel primo semestre dell’anno. Renault possiede il 43,4% della Nissan, mentre la Nissan possiede il 15% della Renault come parte di un’alleanza per la produzione di auto che risale a due decenni fa.

Eppure non c’erano finora regole formali che imponessero una cooperazione tra le aziende. Al contrario, si riunivano regolarmente per negoziare insieme ciò che avrebbero fatto. Il conflitto ha assorbito l’attenzione del management e ha distratto le aziende dal lavorare insieme. Pare che un incontro non sia quest’anno avvenuto perché i partner si sono inizialmente rifiutati di condividere dati confidenziali sulle loro performance aziendali. Molti alla Nissan, intanto, ritengono di poter affrontare meglio i loro problemi da soli, soprattutto perché Renault non opera nemmeno negli Stati Uniti, il più grande mercato della Nissan e fonte di molti dei suoi problemi.

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