La manovra inizia a prendere forma

La manovra inizia a prendere forma

28. 09. 2019 Off Di admin

Trattativa ancora aperta con Bruxelles ma alla fine l’asticella del deficit per il prossimo anno dovrebbe fermarsi al 2,1% del Pil. Entro ieri il governo avrebbe dovuto varare la Nota di aggiornamento al Def con il nuovo quadro dei conti che farà da cornice alla legge di bilancio ma ha preso più tempo per portare avanti il negoziato con la Ue. Il via libera alla Nadef in Consiglio dei ministri è in programma lunedì nel tardo pomeriggio e fino ad allora proseguirà il confronto politico – anche ieri il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è stato a colloquio con il premier Giuseppe Conte a palazzo Chigi – e il lavoro dei tecnici del Mef impegnati in verifiche e limature.

L’obiettivo è di strappare margini di flessibilità per 10-12 miliardi portando il deficit al 2,2% ma al momento, riferiscono fonti di governo, appare più probabile che venga indicato un target programmatico del 2,1% per il 2020. Mentre la crescita del Pil dovrebbe essere rivista allo 0,5- 0,6%. 

Lo sguardo quindi è rivolto a Bruxelles ma l’intento è evitare un nuovo braccio di ferro con la Commissione europea dopo il rischio di infrazione scongiurato in extremis a luglio con una correzione dei conti in corsa.
Non a caso il commissario europeo designato agli Affari economici, Paolo Gentiloni, presentando il suo programma, ha assicurato che la Commissione Ue “applicherà il Patto di Stabilità e Crescita facendo pieno uso della flessibilità permessa dalle regole”.

Dove trovare i fondi per disinnescare le clausole di salvaguardia?

La prossima legge di bilancio parte da una base di 27 miliardi tra il blocco dell’aumento dell’Iva e le spese indifferibili. L’esecutivo dovrà trovare almeno altri 10 miliardi circa per mettere in campo misure espansive.
L’obiettivo prioritario è disinnescare l’aumento dell’Iva, previsto a legislazione vigente, e che, senza contromisure, porterebbe da gennaio l’aliquota ordinaria dal 22 al 25,2% e quella ridotta dal 10 al 13%. Un’operazione che vale oltre 23 miliardi, circa 1,3 punti di Pil.

Le risorse dovrebbero arrivare dalla minor spesa per interessi derivante dal calo dello spread (3-4 miliardi) e dai risparmi delle misure bandiera del governo gialloverde, quota 100 e reddito di cittadinanza, che potrebbero garantire risorse fino a 6 miliardi. L’esecutivo punta anche su un nuovo round di spending review per 4-5 miliardi, un miliardo dovrebbe arrivare dai tagli ai ministeri. Il pacchetto delle misure anti evasione potrebbe portare in dote tra i 3 e i 4 miliardi. Dovrebbe invece essere rivisto al ribasso l’obiettivo d’incasso delle privatizzazioni: il nuovo target dovrebbe attestarsi intorno ai 5-6 miliardi.

La sterilizzazione delle clausole di salvaguardia assorbirà il grosso delle coperture, di conseguenza i margini per ulteriori interventi sono ridotti. Il governo giallorosso punta a una riduzione delle tasse sul lavoro nei prossimi tre anni a totale vantaggio dei lavoratori. Quindi l’operazione potrebbe assumere una fisionomia diversa rispetto a quello a cui puntava il M5s, ovvero una sforbiciata dei contributi a carico delle imprese.

E come ridurre il cuneo fiscale?

Le strade percorribili sono due: o il taglio del cuneo fiscale vero e proprio o il rafforzamento del bonus Renzi di 80 euro. L’intenzione, viene riferito, sarebbe quella di riuscire a stanziare almeno 5 miliardi di euro per avere effetti tangibili sulle buste paga. Tra le ipotesi quella di agire attraverso una detrazione sull’Irpef che grava sul costo del lavoro in modo da aumentare il salario netto. Ma resta in campo anche l’ipotesi di un ampliamento del bonus di 80 euro introdotto da Renzi, allargando la platea dei beneficiari e aumentando l’importo. La misura vale circa 10 miliardi all’anno, con un massimo di 960 euro per chi lo riceve in formula piena: a beneficiarne oggi sono 11 milioni di contribuenti che hanno redditi fino a 25.000 euro con un decalage fino 26.000 euro.

Tra gli interventi allo studio anche sgravi alle imprese e semplificazioni fiscali, a partire dall’accorpamento di Imu e Tasi. A rischio l’estensione della flat tax alle partite Iva con ricavi tra 65.000 e 100.000 euro, prevista dal governo M5s-Lega, che dovrebbe scattare dal 2020. 

“Vogliamo aumentare le buste paga e premiare le imprese che investono”, ha ribadito oggi il viceministro dell’Economia, Antonio Misiani ricordando che “la manovra si presenta come particolarmente impegnativa in relazione alle clausole di salvaguardia che mai erano state cosi’ alte”.

“Lo sforzo di abbattere l’evasione fiscale è – ha sottolineato Misiani – assolutamente cruciale da questo punto di vista. Produce risultati non immediati nel medio periodo ma è un atto di giustizia nei confronti dei contribuenti onesti. Vogliamo farlo incentivando l’uso della moneta elettronica. Attueremo un significativo sconto per chi la usa, questa è una delle soluzioni insieme ad altre misure per abbattere l’evasione fiscale che è poi la premessa per ridurre le tasse a tutti. Perché noi vogliamo nell’arco del triennio ridurre in misura importante le tasse ai lavoratori per aumentare le buste paga”. 

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