L’economia argentina è in affanno. Ma il malato grave è il Venezuela

L’economia argentina è in affanno. Ma il malato grave è il Venezuela

15. 08. 2019 Off Di admin

Stanno tornando in Argentina i tempi in cui le quotazioni della moneta veniva seguito minuto per minuto, quasi come se fosse una partita di calcio. Accadeva soltanto un anno fa, e in base alle fluttuazioni dei cambi, i cittadini giorno per giorno capivano il loro potere d’acquisto, e si regolavano di conseguenza.

È tornato insomma l’incubo della speculazione: la sconfitta di Mauricio Macri alle primarie ha affossato non solo la Borsa ma anche il peso, e la confusione politica rischia di compromettere ancora di più l’ipotetica ripresa del paese sudamericano. L’Argentina si trova in recessione dallo scorso anno, e quest’anno si prevede il Pil al -1,8%, l’inflazione viaggia su due cifre ed è ora al 54%, così come la disoccupazione, al 10,1%.

Ed è su questo che si giocherà ora la campagna elettorale: far rialzare la testa alla sua economia, provatissima, già travolta da due crisi valutarie che hanno causato la perdita del 50% del peso al punto che il governo di Buenos Aires ha dovuto fare appello al Fondo Monetario Internazionale (FMI) per ottenere un prestito di oltre 57 miliardi di dollari. Intanto il tasso di povertà si avvicina al 30%.

Ma è in particolare il Venezuela – dove il Pil calerà quest’anno del 35% – che sta trascinando giù l’economia di tutto il continente sudamericano: la regione è impantanata in “incertezza e rallentamento”, secondo Alicia Barcena, segretario esecutivo della Commissione economica delle Nazioni Unite per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL), e quest’anno il Sudamerica crescerà di appena lo 0,2%, rispetto al 2,9% in America Centrale e al 2,1% nei Caraibi. Il Fondo Monetario si attende invece il +0,6%, che resta comunque il tasso più basso dal 2016. Nell’area, solo Perù, Cile e Colombia attualmente si difendono con tassi attorno al 3%.

Prezzi, spesa e poca fiducia

Le ultime stime dell’Fmi prevedono per quest’anno una contrazione del Pil dell’1,2% ma gli esperti di Washington stimavano una ripresa per la seconda metà dell’anno. Per il 2020, anzi, il Pil dovrebbe viaggiare sul +2,2%: percentuali che andrebbero ora sostenute da una seria politica fiscale di incentivi, la qual cosa rischia di essere inattuabile nel pieno della confusione politica.

Soltanto a marzo, i prezzi sono aumentati del 4,7%, per poi registrare l’11,8% nel primo trimestre. Fa paura lo spettro della profonda recessione del 2001: con il peso che perde potere d’acquisto. L’aumento costante dei prezzi, innescato dal rialzo del dollaro, allarma le famiglie. Chi possiede risparmi, preferisce conservarli nel materasso o cambiarli in dollari piuttosto che depositarli in banca.

Va ancora peggio in Venezuela, che rappresenta in Sud America, il ‘malato’ grave: mancano generi di prima necessità e l’inflazione è arrivata a toccare la cifra assurda del 1.000.000%, crescendo a ritmo del 3% al giorno. Vale a dire, un cittadino di Caracas che un giorno compra un’auto nuova, dopo qualche settimana con quella cifra non riesce ad acquistare nemmeno sei uova.

Il Presidente Maduro ha già cercato di correre ai ripari, aumentando il salario minimo legale del 150%, ma con l’inflazione che galoppa a questi ritmi, oggi ammonta a poco più di 21 dollari. Il Fondo Monetario prevede una vera e propria “implosione” dell’economia, da quest’anno aggravata dalle sanzioni statunitensi e blackout che paralizzano il paese. L’anno prossimo non andrà meglio: il Pil sarà negativo sempre a due cifre.

La resilienza peruviana

La situazione disperata del Venezuela non poteva lasciare indenni le altre grandi economie, le cui stime sul Pil sono state riviste al ribasso. Ma a confronto del Venezuela, sembrano vere e proprie ‘oasi’ di benessere. L’Fmi, ad esempio, cita il Perù e il Cile come campioni di “resilienza”: nonostante le tensioni commerciali tra Usa e Cina, l’economia venezuelana in caduta libera, e l’Argentina ora di nuovo in sostanziale affanno, restano saldamente in sella anche se le stime di crescita sono state limate.

Anzi, il Perù viene considerato uno dei motori del Sud America nel 2019 e nel 2020, con una crescita stimata del 3,7% quest’anno e del 4,1% il prossimo anno. Di certo, sull’economia ha impattato a inizio anno lo scandalo della corruzione che ha coinvolto la più grande impresa di costruzioni dell’America Latina Odebrecht, che ha preso poi una svolta drammatica con il suicidio dell’ex presidente peruviano Alan Garcia. Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, Odebrecht ha pagato 788 milioni di dollari in tangenti in 12 paesi, con la partecipazione di presidenti ed ex capi di stato e ministri.

La crescita del Pil è insomma frenata, anche se il settore delle costruzioni sembra quello più in crescita. E secondo Moody’s, è il Paese sudamericano che presenta meno rischi per gli investimenti. Parole che inorgogliscono il Governo, il quale proprio recentemente ha sottolineato che il Perù “si trova in una posizione privilegiata tra i paesi dell’America Latina per resistere a tempi difficili a causa di solide misure anti-crisi e di una gestione macroeconomica responsabile”.

La salute economica del Cile

Crescerà tra il 3 e il 3,5% invece l’economia cilena, considerata la stella economica del Sud America. Una cifra però che è stata rivista al ribasso: l’attuale governo, guidato dal conservatore Sebastian Pinera, è salito al potere con la promessa di recuperare il dinamismo perduto dopo il secondo mandato di Michelle Bachelet, ma deve affrontare un percorso molto più difficile di quanto ci si possa aspettare.

Nel primo anno del mandato di destra, la crescita e’ salita al 4%, piu’ che raddoppiando l’1,8% raggiunto dall’amministrazione precedente. Ma entro il 2019 sara’ difficile raggiungere l’obiettivo del 3-3,5%, nonostante gli sforzi del governo per dare un tocco positivo al progresso dell’economia.

Dal Messico al Brasile

Sulla stessa linea, ma più stabile, la situazione della Colombia, dove la stima di crescita è rimasta pressoché invariata, con un Pil del 3,4% per il 2019 e del 3,7% per il 2020. In questo caso, fanno molto da traino i consumi che stanno andando bene: l’import è fortissimo ma è soprattutto la domanda interna a spingere l’attività dei settori produttivi, anche se è leggermente calata rispetto ad inizio anno a causa dell’aumento della disoccupazione.

La tensione con gli Stati Uniti non sta facendo bene all’economia del Messico che vedrà una crescita modesta dell’1,0%. Nella sua valutazione, l’Fmi ha affermato che gli investimenti rimangono deboli e che i consumi privati sono rallentati a causa dell’incertezza sulle “politiche, del deterioramento della fiducia e dell’aumento dei costi dei prestiti”.

Infine, il Brasile: dopo il Venezuela e l’Argentina, è l’economia che affanna di più. Il Pil salirà quest’anno appena dello 0,9% e l’Fmi nota che “l’umore è notevolmente peggiorato a causa della persistente incertezza circa l’approvazione della riforma pensionistica e di altre riforme strutturali”. A questo va aggiunto il calo dei prezzi delle materie prime che sta impattando su tutti i paesi del Sud America, ma soprattutto in Brasile dove l’attività mineraria è molto forte. 

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