Per Facebook siamo al centro di una battaglia epocale per “l’anima di Internet”

Per Facebook siamo al centro di una battaglia epocale per “l’anima di Internet”

22. 01. 2020 Off Di admin

Ammissioni di responsabilità e responsabilità troppo difficili da prendere. Rischi scampati e nuovi del mondo di Internet, perché se le fake news possono dirsi un problema in parte arginato, oggi ci sono pericoli diversi e basati su tecnologie e pratiche più subdole e “imprevedibili”. Nick Clegg, l’uomo a cui Mark Zuckerberg nel 2018 ha dato il compito di risollevare l’immagine pubblica di Facebook dopo gli scandali sulla privacy degli utenti, ha fatto tappa a Roma dove ha tenuto un discorso sulla “Battaglia per l’anima di Internet”. 

Il pericolo del modello cinese

Perché se Facebook “ha ammesso e risolto il problemi” legati ai dati dei suoi utenti e al pericolo che attori malevoli possano usarli per danneggiare i processi democratici, oggi i pericoli vengono da altrove e possono “cambiare per sempre Internet per come la conosciamo”.

Di fatto, un’altra Internet esiste già: “è quella della Cina, basata sulla sorveglianza dello Stato, la censura e la sorveglianza”. Quella vera, dice il vice presidente globale degli affari istituzionali di Menlo Park nel suo discorso agli studenti della Luiss. Più pericolosa anche di una gestione dei dati poco rigorosa, come suonava l’accusa nei confronti di Facebook dopo lo scandalo Cambridge Analytica; al modello di Internet cinese infatti, “alcuni paesi hanno già cominciato ad aderire”.

Una battaglia di valori, che vede il mondo contrapposto di nuovo in due blocchi, o magari di più. E l’Occidente deve fare la sua parte, “prima che qualcuno decida per noi quale risposta dare alla domanda sul futuro della rete”. 

L’entusiasmo finito verso la Silicon Valley

Clegg, che in passato è stato vicepremier britannico del governo Cameron, ha ammesso che la Silicon Valley e la ventata di innovazione che ha portato su vasta scala negli ultimi due decenni almeno hanno goduto di grande entusiasmo. E che “all’entusiasmo è seguito un periodo di scetticismo, e la società è diventata sempre più preoccupata per come vengono gestiti e sfruttati i dati delle persone”, quello che l’Economist nel 2017 ha definito il techlash.

Paure legittime, ha detto Clegg. Ma è anche un percorso normale che seguono tutte le nuove tecnologie: entusiasmo, paura, e “nuovo ragionevole equilibrio”. 

Il pericolo Deep Fake

Per Clegg la tecnologia non è buona o cattiva in sé. “Dipende da chi la usa, e da come viene usata”. Si può dire che abbia fatto bene alle comunicazioni, e al business: “oggi grazie ai social e ai big data le aziende europee fatturano circa 200 miliardi di euro in più all’anno e hanno creato 3,4 milioni di posti di lavoro”.

Ma anche che porti con sé rischi inattesi: “Quello che mi preoccupa di più sono gli sviluppi delle tecnologie Deep Fake, potrebbero avere conseguenze difficili da prevedere”, ha ammesso a colloquio con i giornalisti dopo l’incontro. Ed è questa la terra di mezzo in cui ci troviamo ora: tra opportunità e rischi, ottimismo e paure; nella dialettica tra entusiasmo e risacca del capitalismo immateriale, le società occidentali sono alle prese con la necessità di darsi delle nuove regole. 

Nuove regole per Internet: Gdpr, web tax e crypto

Regole che, confessa Clegg, potrebbero venire dall’Europa: il Vecchio Continente “soffre un ritardo nello sviluppo di nuove tecnologie rispetto agli Usa e la Cina”. Ma ha dimostrato di poter fornire “il nuovo canone per quanto riguarda la legislazione e le regole del mondo digitale”.

La legge europea sulla tutela della privacy online (Gdpr), “è già diventata uno standard”. Restano alcuni problemi da risolvere, come quello della portabilità dei dati, ma almeno in questo l’Europa sembra essere all’avanguardia: “è la vera autorità quando si parla del futuro di Internet”. 

Come di nuove regole si tratta quando si parla di dove le aziende tecnologiche devono pagare le tasse. Un punto su cui Clegg è stato chiaro: “Siamo favorevoli a una riforma delle regole fiscali, ma vogliamo che il modello di riferimento sia quello indicato dall’Ocse”, che qualche mese fa ha pubblicato un report sulla web tax, chiedendo che una sua eventuale applicazione tenga conto delle differenze tra i paesi e sia equanime, senza creare isole privilegiate. 

Facebook ha imparato dai propri errori quindi, sembra suggerire lo stratega della sua comunicazione. Ed è disposta a discutere nuove regole per la vita online, le tasse, ma anche l’eventuale lancio di una sua criptovaluta: “Libra è un progetto ancora in piedi, un’associazione di 21 aziende, ma se non ci sarà un’autorizzazione da parte delle istituzioni Facebook non ne farà parte”, ha detto Clegg. 

Zuckerberg non può giocare a fare dio che giudica i politici italiani

Ma Facebook non vuole in alcun modo diventare giudice di ultima istanza di quello che i politici fanno sulla piattaforma. E Clegg risponde a chi ha accusato Menlo Park di non impedire ai politici di fare sponsorizzazioni di post in cui mentono: “Cosa volete, che Mark Zuckerberg giochi a fare dio decidendo cosa sia vero o falso di quello che i politici dicono dei loro avversari, magari anche in Italia? Non è questo il nostro ruolo, né vogliamo che lo diventi”. Piuttosto è il ruolo dell’opinione pubblica, “dei giornalisti”, che devono controllare e denunciare quando un politico dice cose inesatte o falsità. 

Anche se per Casapound è stata presa una decisione diversa, bannando pagine ufficiali e di affiliati dalla piattaforma: “Quella è stata una decisione dura ma legittima. Abbiamo valutato i loro comportamenti dentro e fuori la piattaforma, e cancellare quelle pagine è stato una decisione per arginare i discorsi d’odio che si sviluppavano”.

Un conto è la propaganda, sembra suggerire Clegg, un altro è la violenza. E quello sembra essere l’unico limite tracciato nettamente nel suo discorso. Per ora. Il resto è ancora nel gioco di una dialettica in divenire. 

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