Perché Cook_Inc è una rivista di cucina diversa dalle altre

Perché Cook_Inc è una rivista di cucina diversa dalle altre

19. 10. 2019 Off Di admin

Si chiama Cook_inc. e nel 2018 è stato dichiarato come il Best Food Magazine in the World ai “World Gourmand Cook Book Awards” a Yantai, in Cina. È una rivista di tendenza, che non ama o addirittura nega le tendenze, decisamente in controtendenza. Di elevata qualità. A cominciare dalla carta. Dalle foto. Dalla scrittura. Quadrimestrale, tre numeri l’anno. Grandi servizi, fotografie ben curate, scattate ad hoc, mai acquistate sul mercato. Così come tutti i servizi sono inediti. Firme rinomate, una tra tutte: Andrea Petrini, global writer per eccellenza. O Raffaella Prandi, già inviata di punta per le inchieste del Gambero Rosso.

Impaginazione sobria, elegante, ariosa. Molto bianco intorno. Carta opaca e grammatura consistente. Poco sotto le duecento pagine. Peso: un chilogrammo circa. Quattromila copie di tiratura. Spedizione in abbonamento postale. Ma anche distribuzione in edicole e negozi di qualità. Come può essere la 518 di Perugia. O librerie specializzate. Punti vendita di moda e alla moda, con annesse riviste di livello. Come il Declare a Venezia, nei pressi della Chiesa dei Frari.

Un periodico a lunga conservazione, dunque. Senza data di scadenza. Un oggetto da collezione. Da riprendere in mano. Da consultare e rileggere anche a distanza di tempo. Senza classifiche. O recensioni. Solo racconti. Dentro i quali si concede, talvolta, anche il lusso di perdersi. “Perché, come accade nella vita – è la linea filosofica –, a perdersi capita di incontrare cose bellissime”.

Cook_inc., “officina internazionale di cucina” è di proprietà della Vandenberg Edizioni, piccola casa editrice con sede a Lucca, nata a cavallo tra il 2005 e il 2006. Rivista che ha esordito nel novembre 2011, sorta dalle ceneri di Apicius, semestrale sul mondo della gastronomia molto centrata sull’avanguardia spagnola della cucina, Ferran Adrià tra tutti, per intenderci, lo chef che negli anni Ottanta ha contagiato ed egemonizzato il mondo intero. Apicius è stata una rivista di prestigio vittima della crisi economica che si è riverberata con anticipo su tutta la Spagna a partire dal 2006, per almeno un quinquennio.

Direttrice, la energica quanto vulcanica Anna Morelli, nata a Bruxelles neanche una sessantina d’anni fa da padre italiano e madre peruviana di Lima, sposatisi a Washington DC. Con loro ha vissuto ovunque, a Bruxelles, in Argentina e Perù, Etiopia. Il padre è stato funzionario della Commissione Europea. Studi in Sociologia e poi anche in Storia dell’arte a Firenze.

Quindi se ne va alle Canarie a fare windsurf, poi si trasferisce a Madrid, dove conosce Frans Vandenberg che diventa suo marito ed è anche il suo editore. Il quale poi la porta a Barcellona e da lì a Londra, Bruxelles e infine a Miami. Per poi approdare a Lucca, una volta maturata la pensione. Nel frattempo, lei non s’è fatta mancare nulla, tra cui tre figlie.

La biografia di Cook_inc. è fortemente intrecciata a quella della sua anima e animatrice, di cui qui proponiamo una breve testimonianza dalla sua viva voce: “A Bruxelles durante i miei studi ho lavorato con i Centri di accoglienza dei rifugiati politici Sud-Americani”, racconta Anna Morelli. “Poi a Firenze, oltre agli studi – prosegue – ho lavorato un po’ come modella, un po’ come artista usando l’aerografo. Alle Canarie mi sono dedicata all’aerografo su tela e da li ho montato un business tra magliette, decorazione di bar e locali, il tutto con pistola e aerografo. Molto divertente!” esclama.

“A Madrid – aggiunge – ho dovuto ricominciare da zero: lezioni di francese per la Berlitz, traduzioni per varie agenzie, booker in un’agenzia di modelli e finalmente l’apertura della mia agenzia di rappresentanza di fotografi, più truccatori e parrucchieri, nell’ambito della moda”.

“Sono stati anni intensi e difficili” ricorda oggi Anna Morelli. “Quando ho dovuto chiudere l’agenzia nel ‘91 – corre a ritroso con la memoria – ho lavorato per un’agenzia di fotografia e stampa: Cover, fondata da Jordi Socias. Ho continuato a lavorare tra due gravidanze e ho portato a Cover la rappresentazione di Photonica, la più bella agenzia di Stock Photo, con base a Tokyo. Siamo stati i primi a rappresentarli in Europa. A Barcellona ho anche collaborato, per la parte commerciale, con The International Herald Tribune nella ricerca di sponsor e operazioni di marketing. Intanto ho conosciuto Umberto Allemandi, editore del Giornale dell’Arte.

Quando ho traslocato a Londra sono andata a lavorare all’edizione inglese di The Art Newspaper, sempre nel commerciale. Poi è arrivata la terza gravidanza e finalmente mi sono presa una pausa, poi siamo partiti per Bruxelles, ma dopo meno di un anno siamo ripartiti. A Miami mi sono anche iscritta a un corso per diventare Guida del Museo dell’Università di Miami: il Lowe Art Museum e in contemporanea ho aperto – insieme a tre amiche anche loro studentesse – la Galleria all’interno del Centro d’Arte di Homestead: ArtSouth di Ellie Schneiderman… Ecco, poi sono arrivata a Lucca e qualche anno dopo mi è stata offerta la possibilità di diventare coeditore della rivista Apicius”. Una vera cavalcata mozzafiato. E molte esperienze.

Grande facilità di contatti e relazioni, Anna Morelli è stata ovunque. Ha pranzato e cenato dappertutto. Alto, basso e medio. Sa e se ne intende. Conosce il mondo e le sue lingue, di cui ne parla correntemente almeno sette. Chi meglio di lei? La rivista è lei ed anche il suo spirito. Quando va bene muove per il mondo una ventina di fotografi, che trova, contatta e “contratta” sul posto.

E con loro, al seguito, altrettanti giornalisti, che sono la sua risorsa principale. Sono il suo olfatto, il suo palato, le sue antenne nel mondo internazionale e locale del food. I fotografi il suo punto di vista. Gli uni e gli altri sono personaggi che entrano nelle cucine, trascorrono giornate con gli chef, vanno al mercato con loro ad acquistare le materie prime, perdono tempo e trascorrono con loro anche parte del tempo libero. Servizi maturati, scritti e vissuti in simbiosi con i soggetti del loro diretto interesse.

Ma torniamo a Cook_inc., dove inc. sta per “inclusione”. Ovvero, in queste pagine si parla di tutti i tipi di cucina. Alta, bassa, normale. Quasi una fissa. Come un’ossessione. La cucina dei Paesi frequentata nei luoghi in cui ha vissuto o viaggiato la stessa Morelli. “La prova che qui si parla di tutte le cucine del mondo – racconta la direttrice – è che uno dei primi servizi che ho pubblicato nel numero uno delle rivista è dedicato allo Chateaubriand di Parigi, un locale che per gli spagnoli era equiparabile a un semplice bistrot. Non ne avrebbero mai parlato, non avrebbero mai fatto un reportage sullo Chateaubriand. Invece io penso che nel mondo ci sono anche posti così e non è affatto detto che si debba parlare solo di cucina d’avanguardia e d’avanguardia spagnola in particolare…”. 

A parte l’accezione inc., secondo Anna Morelli non c’è alcuna differenza: “Si può andare in un tristellato fantastico avendo un’esperienza di cucina indimenticabile, ma si può andare anche in un locale molto semplice senza stelle in cui poter fare, in un altro modo, un’esperienza culinaria altrettanto indimenticabile”. “Quindi sì, da questo punto di vista la nostra è una rivista davvero in ‘controtendenza’, nel senso che per noi non è il numero delle stelle quello che definisce un locale. La linea che seguiamo è invece quella di ascoltare i nostri giornalisti e collaboratori, le loro indicazioni, pulsioni, il loro naso, sentire che cosa hanno da proporre e dire ‘okey, se si può fare andiamo… vediamo se ci possiamo permettere il viaggio…’.  Per noi quel che conta è la credibilità dei giornalisti e i giornalisti sono alla base di questa rivista. Senza di loro sono nessuno. Io posso lanciare idee, posso… noi, poi, da qui facciamo tutta la parte organizzativa, ma l’importante sono i nostri collaboratori”.

Il punto di vista principale sui contenuti è “cercare sempre di fare qualcosa di interessante, diverso, curioso”. Mai main stream… “Rappresentando tutto il mondo, per quel che è possibile”. Perciò su Cook_inc. si spazia dal Canada, Restaurant Chez St-Pierre, a Le Bic in Quebec, fino a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, per raccontare terra, territorio, verdure, piante, erbe. Per poi nella pagina successiva fare la conoscenza di May Chow, chef dei ristoranti Happy Paradise e Little Bao, di Hong Kong e approdare, infine, in Alto Adige per scoprire le “affinità di affinamento” del formaggio.

Un viaggio continuo. Come quelli della vita di Anna Morelli. E infatti la filosofia di Cook_inc. è proprio questa, spiega la direttrice: “Offrire ai lettori – che inizialmente erano soprattutto cuochi e che oggi ormai sono anche gourmet di tutti i tipi, foodies, gente che ama viaggiare – ecco, dare anche chi non può viaggiare la possibilità di farlo quando gli arriva la rivista. Un bellissimo viaggio tra odori, sapori, colori, culture. Spaziando ovunque. E senza fare salti alla cieca”.

Tra queste pagine non ci sono Masterchef o i cuochi-divi della tv. Leggendo questa rivista si ha l’impressione di far la conoscenza invece con una “comunità” dove esiste un fortissimo rapporto tra gli chef, il territorio e il suo indotto. Una forte correlazione. Un forte legame. Gli chef hanno anche gli orti, curano e coltivano direttamente i prodotti che usano in cucina e mettono in tavola, avendo rapporti diretti con la gente che produce per loro e accanto a loro. Come se progredissero insieme, l’uno accanto all’altro. Lavorando insieme. Sporcandosi le mani insieme. Senza essere quei “geni solitari” di cui parla “la tv degli chef”.

Si può allora delineare una direzione di tendenza? Dove sta puntando la cucina internazionale? Secondo Anna Morelli quest’ultima ”si sta aprendo molto”. Nel senso che per molti chef “non è più così importante avere oggi una stella o rientrare in certi canoni”, perché ormai le persone “cercano anche esperienze completamente al di fuori da tutti questi riconoscimenti, onorificenze, medaglie, catalogazioni”.

”Personalmente – dice Morelli – sempre più mi diverto in posti più semplici senza stelle, che però ti parlano proprio perché fai delle esperienze culinarie significative e da dove esci e ti ricordi i sapori, i profumi delle cose che hai assaggiato. Assieme alle storie affascinanti di personaggi che magari non vengono direttamente dal mondo della cucina ma ci arrivano per vie traverse, laterali o perché hanno poi fatto delle scelte di vita che li ha portati ad approdare lì, tra i fornelli”.

E in Italia, che strada si sta percorrendo? “Penso che stia cominciando a cambiare adesso. Ci sono un po’ di giovani che si sono stufati del sistema delle guide, delle competizioni, del dover primeggiare a tutti i costi e che hanno deciso prima di tutto di lavorare per loro stessi. E questo sta facendo la differenza nella cucina italiana. Che sta diventando, anche per questo, più interessante”.

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