I dubbi dell’Antitrust sull’Ops di Intesa su Ubi

I dubbi dell’Antitrust sull’Ops di Intesa su Ubi

09. 06. 2020 Off Di admin

L’ops lanciata da Intesa su Ubi rischia di non superare le forche caudine dell’Antitrust. In un documento dell’autorità, che avrebbe dovuto restare riservato ma che è filtrato prima sul ‘Messaggero’ e poi sulle agenzie di stampa, si legge che “l’operazione allo stato degli atti non è suscettibile di essere autorizzata”.

Fra le principali ragioni della posizione, che però non rappresenta una decisione ed è contenuta nelle risultanze istruttorie inviate alle parti coinvolte in vista di una seconda fase di audizioni, ci sono i dubbi dell’Antitrust sull’accordo fra Intesa e Bper che ha accompagnato il lancio dell’ops e che era stato pensato proprio per evitare problemi con eccessive concentrazioni di mercato.

Secondo l’autorità le informazioni fornite dalla banca guidata da Carlo Messina non rendono “in alcun modo possibile enucleare il ramo di azienda Ubi oggetto di cessione a Bper, senza che permanessero significative incertezze in merito al suo perimetro”.

Al tempo stesso Intesa aveva chiesto di poter presentare spiegazioni aggiuntive su questo punto: l’istanza però è stata rigettata e l’Antitrust ha dato alle parti tempo fino al 15 per fornire nuova documentazione in vista del nuovo round di audizioni che prenderà via il 18. In particolare, secondo quanto risulta ad AGI, gli sportelli da cedere potrebbero essere rivisti per rispettare le soglie in ogni provincia. 

In seguito si entrerà nella fase decisoria, che dovrebbe concludersi nella seconda meta’ di luglio. Oltre all’accordo con Bper, che potenzialmente potrebbe risolvere problemi di concentrazione in Lombardia e Piemonte, secondo l’autorità ci sarebbero rischi per la concorrenza anche in altri mercati, dove potrebbe essere ridotta “in maniera sostanziale e durevole” per “l’elevata concentrazione” e la “distanza significativa dal secondo operatore di ciascuna area e in considerazione della capacità ‘disciplinante’ di Ubi nei confronti delle maggiori banche”. 

Pesante la posizione che l’istituto bergamasco-bresciano ha portato all’Antitrust: per l’istituto guidato da Victor Massiah l’ops “eliminerebbe dal mercato non solo un operatore capace già oggi di esercitare una significativa pressione concorrenziale, ma anche l’unico competitor tra quelli di medie dimensioni capace di avviare un percorso di consolidamento nel mercato bancario nazionale in modo indipendente e, dunque, di creare nel breve/medio periodo un terzo polo alternativo a Intesa e Unicredit“.

La banca ha spiegato di aver valutato integrazioni con Mps, Bpm e con la stessa Bper, con cui ha avuto colloqui esplorativi nell’autunno 2019; a tal proposito la banca modenese ha precisato come le interlocuzioni si fossero fermate alla fine dello scorso anno perché Ubi si focalizzasse “su altre priorità, quali l’elaborazione del proprio piano industriale poi presentato in febbraio”.

Sul punto si è soffermata anche Intesa, rimarcando come le acquisizioni passate di Ubi abbiano riguardato solo “piccole realtà locali in condizioni particolari” e come il piano presentato a febbraio fosse “stand alone”.

“Non risultano elementi di fatto da cui possa desumersi che Ubi stesse effettivamente procedendo ad aggregazioni con altri operatori, né tanto meno che tali aggregazioni le avrebbero consentito di raggiungere le dimensioni di Intesa Sanpaolo e Unicredit”, chiosa Intesa nel documento. Gli effetti di un possibile stop si sono già fatti sentire in borsa, dove i due titoli hanno sofferto particolarmente: la banca guidata da Messina ha perso il 4,62% e Ubi il 5,04%.

Considerato il concambio previsto dall’ops di 17 azioni Intesa ogni 10 azioni Ubi conferite e i prezzi di chiusura (rispettivamente 1,72 e 2,866 euro), la banca milanese tratta leggermente a premio.

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