Al Senato la Web tax non cambia

Al Senato la Web tax non cambia

03. 12. 2019 Off Di admin

Sulla Web tax, prevista in legge di Bilancio, “non ci saranno modifiche al Senato. Se ci saranno, potranno arrivare in seconda lettura alla Camera”. Lo dice all’Agi Donatella Conzatti, senatrice di Italia Viva e membro della Commissione Bilancio di Palazzo Madama. “Le minacce di Trump contro la Web tax – spiega – sono la conferma che gli Usa continueranno a fare melina sulla riforma a livello Ocse e la conferma che l’Italia, come la Francia e altri, fanno benissimo a proseguire e a non aspettare per compiere un passo avanti comune”.

La strada potrebbe essere quella di “fare qualche ordine del giorno in Senato, il resto si farà alla Camera”, afferma il relatore della manovra, Dario Stefano (Pd). Nei giorni scorsi era stato lo stesso senatore dem ad annunciare possibili ritocchi alla web tax che secondo lui andava “rivista” perché “così non è equa”. Scopo della modifica sarebbe colpire solo i ricavi per servizi digitali realizzati dai colossi del web e quindi salvare le piccole aziende che si appoggiano ai giganti statunitensi.

“La Web tax – aveva spiegato in una nota – è legittima quando persegue l’obiettivo di colpire le multinazionali della digital economy che sfuggono da tempo al fisco italiano. È ingiusta quando colpisce nello stesso modo le imprese nel volume complessivo di ricavi e non solo quelli derivanti da servizi digitali. È necessario un intervento di modifica della norma, che consenta di recuperare anche l’obiettivo di equità fiscale”.

Per il momento resta però in standby l’emendamento voluto dal relatore: “Si sta discutendo”, spiega Stefano a margine dei lavori della Commissione Bilancio del Senato ma “la complessità della manovra ci impone la necessità di capire quali temi affrontare in Senato e quali alla Camera. Abbiamo argomenti grossi come la plastic tax e le auto aziendali e per ora le priorità sono queste”.

Le minacce di Trump

Dazi fino al 100% sui beni se la Francia va avanti con la Web tax che colpisce i colossi americani come Google, Facebook e Amazon. È questa la minaccia avanzata dal presidente Usa, Donald Trump che ha mandato un avvertimento anche ad altri Paesi come l’Italia, l’Austria e la Turchia. La Web tax francese, impone un’aliquota del 3% sui ricavi delle società tecnologiche in Francia con un fatturato di almeno 750 milioni di euro derivanti dai servizi digitali delle società del web.

Cosa prevede la web tax

In Italia la Web tax è stata istituita l’anno scorso con la legge di Bilancio, ma al momento non è mai stata applicata. La tassa sui colossi digitali dovrebbe scattare dal 1 gennaio 2020, senza bisogno di norme attuative, con una aliquota del 3% sui ricavi da applicare ai soggetti che prestano servizi digitali e che hanno un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a 750 milioni e un ammontare di ricavi derivanti dalla prestazione di servizi digitali non inferiore a 5,5 milioni di euro. La tassa era prevista inizialmente nel decreto fiscale ma è stata successivamente spostata nella legge di bilancio.

Tre gli ambiti di applicazione della nuova tassa: pubblicità mirata agli utenti online, fornitura di beni e servizi venduti su piattaforme digitali e la trasmissione di dati degli utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale. Nel mirino quindi ci sono Google, Facebook e Amazon sui business relativi alla pubblicità e probabilmente i servizi offerti da Alibaba, Amazon o eBay. Esclusi dalla tassazione Netflix e Spotify, in quanto il prelievo si applica solo al B2B. La tassa dovrà essere versata entro il 16 marzo, mentre la presentazione della dichiarazione annuale dell’ammontare dei servizi tassabili forniti dovrà avvenire entro il 30 giugno dello stesso anno. Il gettito atteso dal governo è di 708 milioni nel 2020.

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