Dibattito, voto e verifica: la giornata dal Senato al Quirinale. Draghi e il rebus della maggioranza 

Dibattito, voto e verifica: la giornata dal Senato al Quirinale. Draghi e il rebus della maggioranza 

14. 07. 2022 Off Di admin

AGI – Oggi fari puntati su palazzo Chigi. E’ vero che il palcoscenico della pre-crisi di governo sarà l’aula del Senato, e quella porta da cui verso l’ora di pranzo dovrebbero sfilare i senatori M5s per evitare sia di votare sì al dl aiuti che di votare no alla fiducia all’esecutivo. Ma è altrettanto vero che l’attenzione di tutti è spostata da ieri sera anche sulle mosse di Mario Draghi.

Una volta ascoltate le parole con cui Giuseppe Conte motivava la scelta del suo movimento, raccontano che il premier abbia deciso di confermare la sua linea: nessun governo senza M5s, nessun Draghi dopo Draghi. E questo dovrebbe andare a spiegare nel pomeriggio a Sergio Mattarella. 

Ma la politica è fatta di sfumature ed è partito il pressing per non far precipitare il Paese al voto d’estate, con in corso una sfilza interminabile di controindicazioni da Apocalisse: la guerra, la siccità, la febbre dell’inflazione, la crisi energetica e l’attuazione del Pnrr.

La stabilità prima di tutto, insomma, sarà il richiamo che verrà da più parti alle orecchie del presidente del Consiglio e dei leader dei partiti di maggioranza. A indicare una via possibile ci ha pensato ieri Enrico Letta; il leader dem ha disegnato un percorso che porterebbe il premier a una verifica parlamentare, con voto di fiducia finale.

Letta parla per esperienza: fu proprio questo l’iter che lo portò a sopravvivere da premier al’uscita di Silvio Berlusconi e Forza Italia dalla sua maggioranza nell’autunno del 2013. 

Ma Draghi condivide questo percorso? Molto dipenderà dal colloquio con il Capo dello Stato.

Nello studio del Presidente si valuteranno pro e contro di ogni decisione, poi, Costituzione e precedenti alla mano, si delineerà una road map. Se il premier accettasse di essere rinviato alle Camere, si procederebbe alla verifica parlamentare. Molto probabilmente (resta ancora l’incognita della Lega di Matteo Salvini) l’esecutivo otterrebbe di nuovo la fiducia e procederebbe, non spedito ma in sella. Se il premier salisse al Colle dimissionario, Mattarella potrebbe respingere le dimissioni e, anche in questo caso, rinviarlo alle Camere. Se però le dimissioni fossero irrevocabili (e molto potrebbe dipendere dai numeri veri del voto del Senato), si aprirebbero in pochi giorni le consultazioni e l’esito di elezioni anticipate, magari con voto ai primi di ottobre, sarebbe inevitabile.

“Dovete chiedere al presidente Mattarella” ha detto tre giorni fa Mario Draghi a chi gli chiedeva in anticipo previsioni sulla giornata di oggi. “Vediamo cosa decide Draghi” spiegavano ieri dal Colle rispondendo sempre alla stessa domanda dei giornalisti. Oggi premier e presidente si vedranno e scioglieranno tutti i dubbi, o almeno ci proveranno. Perché anche l’atteggiamento dei partiti avrà un peso, ovviamente: resterà l’aut aut delle ultime ore da parte di Lega, Pd e Fi? Fallito il pressing sul M5s, si cercherà di salvare questo ultimo scampolo di legislatura o si sceglierà di aprire le urne in anticipo? Poche ore e il sipario si alzerà su palazzo Madama, poi su palazzo Chigi e infine sul Quirinale.

 

 

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