L’industria italiana è in sofferenza

L’industria italiana è in sofferenza

21. 02. 2020 Off Di admin

Frena l’industria nel 2019. La certificazione arriva dall’Istat che registra una riduzione di ordini e fatturato in media d’anno. Non accadeva da 5 anni. In particolare, il giro d’affari è diminuito l’anno scorso dello 0,3%, il primo calo dal 2015. Gli ordinativi scendono invece dell’1,9%: il saldo negativo è in questo caso il primo dal 2014.

In termini congiunturali, spiega l’istituto di statistica, il fatturato complessivo è aumentato solo nel primo trimestre, mentre è rimasto sostanzialmente stabile nel secondo. Gli ultimi due trimestri dell’anno sono stati caratterizzati entrambi da diminuzioni. Gli ordinativi, invece, hanno mostrato un andamento negativo o stazionario in quasi tutti i trimestri del 2019, con l’eccezione dell’ultimo, in crescita. Anche il fatturato al netto della componente di prezzo del settore manifatturiero evidenzia, in media d’anno, un calo, il primo dal 2014.

I dati nel dettaglio

​A dicembre il fatturato dell’industria, al netto dei fattori stagionali, è diminuito del 3,0% in termini congiunturali. Nel quarto trimestre l’indice complessivo ha registrato una riduzione dello 0,6% rispetto al trimestre precedente. Gli ordinativi hanno invece segnato a dicembre un incremento dell’1,4% rispetto a novembre e anche nel complesso del quarto trimestre si è registrato un aumento congiunturale, pari all’1,9%.

La dinamica congiunturale del fatturato, spiega l’Istat, riflette cali sia sul mercato interno (-2,9%) sia su quello estero (-3,1%). Per gli ordinativi l’incremento congiunturale è sintesi di risultati quasi speculari registrati sui due mercati: +6,9% la crescita delle commesse provenienti dal mercato interno e -6,4% la riduzione di quelle provenienti dall’estero. Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a dicembre tutti gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un calo su base mensile: -0,9% i beni di consumo, -2,7% l’energia, -3,0% i beni intermedi e -5,2% i beni strumentali.

Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 19 di dicembre 2018), il fatturato totale diminuisce in termini tendenziali dell’1,4%, con riduzioni dell’1,8% per il mercato interno e dello 0,7% per quello estero. Nel comparto manifatturiero, il settore farmaceutico registra la crescita tendenziale più rilevante (+15,4%), mentre l’industria dei computer e dell’elettronica mostra il calo maggiore (-7,7%).

In termini tendenziali l’indice grezzo degli ordinativi aumenta del 6,0%, trainato dall’ampio incremento delle commesse pervenute dal mercato interno (+12,6%), in particolare di quelle relative agli altri mezzi di trasporto; una variazione negativa si registra, invece, per le commesse provenienti dal mercato estero (-3,6%). La maggiore crescita tendenziale si rileva per i mezzi di trasporto (+55,0%), mentre l’industria delle apparecchiature elettriche mostra il peggior risultato (-13,9%).

Appello dei sindacati al governo

Lo spettro della recessione torna così ad avvicinarsi. I sindacati non nascondono la loro preoccupazione di fronte ai dati su cassa integrazione, fatturato e ordini delle imprese e chiedono al governo di battere un colpo.

 “L’Italia è in avvitamento conclamato su produzione, consumi, occupazione, coesione – afferma il segretario generale aggiunto Cisl, Luigi Sbarra – e a pagarne il prezzo più alto, come sempre, sono lavoratori e famiglie, come dimostra l’impennata della Cassa integrazione, specialmente di quella straordinaria, e la crescita della Naspi”.

“Il Paese continua a soffrire e il ciclo della crisi tende a consolidarsi”, sostiene ​Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil, che pone l’attenzione in particolare a due emergenze, siderurgia e automotive. Ma secondo il segretario confederale della Uilm, Rocco Palombella, ​tutte le vertenze importanti aperte non trovano soluzione, non solo quella dell’ex Ilva, che è ora la più pesante insieme ad Alitalia: situazioni su cui il governo non è stato in grado di dare risposte. Questo perché – afferma – esecutivo e Parlamento invece di occuparsi dei reali problemi del Paese sono presi a discutere di prescrizioni e equilibri politici. “La situazione – dichiara Palombella – è drammatica e paradossale e il Paese rischia di precipitare”.

​Secondo i sindacati, vanno sbloccati gli investimenti pubblici e privati, recuperata una visione di politica industriale, governate le crisi aziendali. “Servono risposte immediate – sottolinea Sbarra – da raccordare in un coerente disegno di medio-termine”; occorre quindi “riprendere in mano le crisi aziendali che giacciono da lungo tempo in condizione di istruttoria al Mise e dare certezza ai 300 mila lavoratori coinvolti”. “È indispensabile – conclude Miceli – una grande capacità dello Stato di intervenire e correggere i cicli economici negativi con investimenti pubblici”.

Di fronte ai segnali di rallentamento dell’economia i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo hanno inviato una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte,  sostenendo la necessità di istituire una cabina di regia tra i vari ministeri e chiedendo in tempi rapidi un incontro.

Federmeccanica teme l’effetto coronavirus

I dati Istat sul fatturato dell’industria nel 2019 sono legati alle incertezze internazionali, ora profondamente acuiti dalle conseguenze attese dall’epidemia di coronavirus. Dopo la flessione di circa il 3% della produzione metalmeccanica nel 2019, il presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz, prevede “un ulteriore calo nel 2020”. “Il settore metalmeccanico rappresenta il 50% dell’export italiano ed essendo fortemente rallentati gli scambi lo scenario si potrebbe aggravare”.

“Purtroppo non siamo per nulla stupiti dai dati Istat – afferma Dal Poz all’AGI – ma il dato più drammatico di oggi è il crollo del 92% delle auto vendute in Cina. Un dato che è lo specchio di un paese bloccato dal punto di vista del consumo interno, dell’export e degli investimenti. E’ prevedibile anche uno scenario di tensione sul fronte delle materie prime nelle prossime settimane. Dobbiamo tener presente che il primo paese esportatore in Cina è la Germania che a sua volta è il nostro primo cliente estero: quindi il crollo dell’export non può che riverberarsi sull’Italia”.

Dal Poz fa notare che lo scorso anno solo il settore automotive ha perso il 10% annuo, ma nel 2020 si aggiungeranno gli effetti del coronavirus. Il comparto è stato quello più coinvolto nelle ore di cassa integrazione, insieme a quello del metallo. Ma anche la meccanica strumentale ha subito una riduzione importante della produzione.

A pesare nell’andamento dell’industria nel 2019 – spiega Del Poz – è stato lo scenario di profonda incertezza nei consumi e negli investimenti. Il calo del fatturato è collegato quindi alla ‘guerra dei dazi’ tra Usa e Cina che ha fortemente rallentato le esportazioni di auto tedesche; alla Brexit; alle difficili situazioni politiche internazionali, dalla Libia all’Iran, fino a problematiche di tipo valutario che hanno interessato Paesi del Sudamerica e la Turchia.

Non mancano però spiragli di ottimismo: la Volkswagen ha annunciato oltre 60 miliardi di euro di investimenti nella filiera delle auto elettriche e ibride e Fca ha confermato investimenti per 5 miliardi. “Malgrado le tensioni internazionali e il Coronavirus questi dati di propensione all’investimento di grandi player ci fanno tirare un sospiro di sollievo. Ma per vederne la trasposizione sulle statistiche Istat passerà qualche trimestre”. 

Articoli nella stessa categoria: