Ogni italiano perderà 2.500 euro quest’anno, il Pil del Sud torna al 1989

Ogni italiano perderà 2.500 euro quest’anno, il Pil del Sud torna al 1989

07. 11. 2020 Off Di admin

Ogni italiano perderà quest’anno mediamente quasi 2.500 euro, precisamente 2.484, a causa del Covid, con punte di 3.456 euro a Firenze, 3.603 a Bologna, 3.645 a Modena, 4.058 a Bolzano e 5.575 euro a Milano. A stimare la contrazione del valore aggiunto per abitante a livello provinciale è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, secondo cui il Sud, anche se subirà una riduzione del Pil più contenuta rispetto a tutte le altre macro aree del Paese (-9%), vedrà scivolare il Pil allo stesso livello del 1989, con una “retrocessione” di ben 31 anni.

Su base regionale Molise, Campania e Calabria torneranno allo stesso livello di Pil reale conseguito nel 1988 (32 anni fa) e la Sicilia addirittura a quello del 1986 (34 anni fa). E secondo gli artigiani mestrini si tratta di dati sottostimati. Aggiornati al 13 ottobre scorso, non tengono infatti conto degli effetti economici negativi che deriveranno dai Dpcm che sono stati introdotti in queste ultime due settimane. A livello nazionale, aggiunge l’elaborazione, la caduta del Pil dovrebbe sfiorare quest’anno il 10%, quasi un punto in più rispetto alle previsioni comunicate il mese scorso dal Governo attraverso la Nadef.

Sul versante del mercato del lavoro, rileva ancora la Cgia, gli occupati scenderanno quest’anno di circa 500 mila unità. Un dato certamente negativo, ma che sarebbe stato ancor peggiore senza lo stop ai licenziamenti introdotto dal governo nel marzo scorso. In termini percentuali sarà sempre il Mezzogiorno la ripartizione geografica del Paese a subire la contrazione più marcata (-2,9%, pari a -180.700 addetti). Sicilia (-2,9%), Valle d’Aosta (-3,3%), Campania (-3,5%) e Calabria (-5,1%) saranno le regioni più “colpite”. Soltanto il Friuli Venezia Giulia parrebbe registrare una variazione positiva (+0,2 per cento), pari, in termini assoluti, a 800 unità in più.

“Con meno soldi in tasca, più disoccupati e tante attività che entro la fine dell’anno chiuderanno definitivamente i battenti – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della confederazione mestrina, Paolo Zabeo – rischiamo che la gravissima difficoltà economica che stiamo vivendo in questo momento sfoci in una pericolosa crisi sociale. Soprattutto nel Mezzogiorno, che è l’area del Paese più in difficoltà, c’è il pericolo che le organizzazioni criminali di stampo mafioso cavalchino questo disagio, traendone un grande vantaggio in termini di consenso. In questa fase di emergenza, pertanto, tutto ciò va assolutamente evitato, sostenendo con contributi a fondo perduto non solo le attività che saranno costrette a chiudere per decreto, ma anche una buona parte delle altre, in particolar modo quelle artigianali e commerciali, che, sebbene abbiano la possibilità di tenere aperto, già da una settimana denunciano che non entra quasi più nessuno nel proprio negozio. Solo se riusciremo a mantenere in vita le aziende potremo difendere i posti di lavoro, altrimenti saremo chiamati ad affrontare mesi molto difficili”.

Secondo il segretario della Cgia, Renato Mason, “con una pressione tributaria insopportabile, una burocrazia opprimente che ingiustificatamente continua a penalizzare chi fa impresa e un calo degli investimenti molto preoccupante che colpisce soprattutto quelli di natura pubblica, c’è un’altra grossa criticità che rischia di penalizzare tante piccole e medie imprese. Ci riferiamo”, spiega, “alla nuova misura introdotta dall’Unione Europea in materia di credito. Per evitare gli effetti negativi delle esposizioni scadute, dal primo gennaio 2021 Bruxelles ha imposto alle banche di azzerare in 3 anni i crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni quelli con garanzie reali. Ovviamente, l’applicazione di questo provvedimento indurrà gli istituti di credito ad erogare con estrema cautela i prestiti alle imprese, per evitare di dover sostenere delle forti perdite di bilancio nel giro di pochi anni”. 

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