Per il Pd si va avanti per il ‘Nuovo Ulivo’ anche senza Iv

Per il Pd si va avanti per il ‘Nuovo Ulivo’ anche senza Iv

30. 10. 2021 Off Di admin

AGI – Lo strappo con Italia Viva nulla ha a che vedere con la costruzione del “campo largo di centrosinistra”, una “costruzione dal basso, che va avanti attraverso il lavoro delle Agorà dmeocratiche”, come viene spiegato dal Nazareno. Insomma, non una somma di sigle, ma qualcosa di più profondo che si innerva nella società e comprende le forze progressiste, riformiste e liberali.

Forze che, come spiega una autorevole fonte parlamentare del Partito Democratico, “Non si possono confinare nel perimetro stretto della rappresentanza di Italia Viva sul territorio nazionale, con tutto il rispetto. Anche chi guarda e commenta questo processo dovrebbe uscire dall’approssimazione secondo cui ‘o con Renzi o nientè.

Lo schema è quello del Nuovo Ulivo da costruire con il mondo moderato e liberale che non si esaurisce certo in Italia Viva“.

Il segretario del Partito Democratico si sofferma sul tema durante l’inaugurazione della sesta edizione delle Scuole di Politiche, progetto da lui avviato già nel 2015. “Evidentemente bisogna ancora lavorare per un campo largo del centrosinistra, dopo l’affossamento del ddl Zan. Io lavoro sempre in una logica di centrosinistra inclusivo, vincente. Semplicemente, è stato un momento di chiarimento importante”, spiega Enrico Letta rispondendo a una domanda dei giornalisti all’arrivo a Via Giulia, a Roma, nel teatro in cui si tiene la due giorni di incontri e discussioni.

Una domanda che nasce anche dalle intervsite rilasciate in queste ore dal senatore dem Andrea Marcucci, capofila di quel gruppo di senatori Pd che guarda a Renzi e a Italia Viva come un punto di riferimento e un interlocutore privilegiato fuori dal partito. “Bisogna essere coerenti. Se si dice campo largo, poi il campo non può restringersi improvvisamente. Per la sfida del Quirinale, e per vincere le elezioni, serve il consenso più alto possibile”, cinguetta Marcucci.

In allarme anche il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che, dopo il silenzio fatto seguire all’affosamento del ddl Zan, commenta: “Far discendere il perimetro del centrosinistra e le future alleanze dal voto sul ddl Zan a me pare un errore. Per noi più che per gli altri”.

Eppure, in queste ore, esponenti di Base Riformista, area del Pd a cui guardano anche Marcucci e Gori, non esitano a condannare le ricostruzioni che attribuiscono al Pd la responsabiità di aver provocato l’affossamento del ddl Zan. “Il Pd ha lavorato con coerenza e fermezza, la destra non ha mai voluto approvare una legge contro l’omotransfobia, e Italia Viva ha cambiato idea indebolendo il percorso. Tutto il resto è rumore”, dice senza mezzi termini Andrea Romano, portavoce di Base Riformista.

Ancora più netta Simona Malpezzi, presidente dei senatori dem, per la quale “i renziani hanno indebolito il ddl Zan prima ancora del voto sulla ‘tagliolà nell’Aula del senato. è evidente che c’è stato il tentatvio della prova generale sul Colle”.

Il riferimento è alle voci che vorrebbero Matteo Renzi pronto a sigillare il patto con il centrodestra per l’elezione del Capo dello Stato. L’accordo stretto nel ‘laboratorio Sicilianò assieme al luogotenente forzista Gianfranco Miccichè sarebbe solo l’antipasto di quello che sta preparandosi per quando il Parlamento si riunirà e sceglierà il successore di Sergio Mattarella.

Matteo Renzi ha affidato ieri a un video su Facebook la sua versione dei fatti, confermando le accuse al Pd e a Enrico letta di aver voluto forzare la mano sul disegno di legge pur non avendo numeri al Senato. Una tesi già smentita dallo stesso Letta che ha ricordato come, prima che Italia Viva cominciasse a spargere allarmi sui numeri, questi c’erano al senato, proprio in virtù del fatto che il partito di Renzi si era detto disponibile a votare il disegno di legge come aveva fatto già alla Camera. Ma gli allarmi, è la versione del Pd, non hanno fatto altro che preparare il terreno. Il voto segreto ha poi completato il lavoro.

E oggi il sottosegretario all’Interno, Ivan Scalfarotto torna ad attaccare: “Un azzardo vergognoso, un voto affrontato senza una strategia”, dice Scafarotto: “Avevamo chiesto al Pd una settimana di tempo per non andare al muro contro muro, ci si è invece incaponiti e si è andati a uno scontro senza paracadute, frutto o di una totale incapacità di leggere la situazione politica e l’Aula o della ricerca di un posizionamento di principio senza nessun interesse verso la legge”.

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