Renzi sfida Conte sul Recovery e minaccia il ritiro delle ministre Iv

Renzi sfida Conte sul Recovery e minaccia il ritiro delle ministre Iv

28. 12. 2020 Off Di admin

Italia Viva porterà mercoledì il proprio contributo al Piano di ripresa e resilienza al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Una scelta precisa, quella di Matteo Renzi, che descrive bene lo stato di tensione in cui si trova a lavorare il governo. Italia Viva sceglie, infatti, il confronto con il responsabile di Via XX Settembre e non con il premier Giuseppe Conte. Un gesto fortemente politico a cui si aggiunge il ritardo nella consegna delle osservazioni dei renziani che rischia di far saltare il cronoprogramma a cui mirava Conte e che aveva l’obiettivo di far approvare un testo di massima al Consiglio dei Ministri del 30 dicembre.

E se i punti messi sul tavolo da Italia Viva non fossero recepiti, i renziani ne trarranno le conseguenze, spiega l’ex premier, ritirando le ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti, nonchè il sosttosegretario agli Esteri Ivan Scalfarotto, dalla compagine di governo. La strada del Piano nazionale, dunque, appare in salita e sempre più legata a quella verifica del programma di governo che sembra non decollare.

Renzi, in conferenza stampa, attacca frontalmente il Piano predisposto dal premier, giudicandolo “raffazzonato” e “privo di anima”. Ma c’è di più. Il leader di Italia Viva coglie l’occasione della presentazione delle osservazioni di Italia Viva al Recovery Plan per ribadire che sul Mes non intende fare passi indietro, che la disoccupazione non si combatte con i redditi di cittadinanza, che l’alta velocità – e con essa il Tav – è fondamentale per assicurare la ripartenza del Paese. Tre guanti di sfida gettati in faccia i Cinque Stelle, “gli unici ad aver attaccato davvero il governo con il ‘no’ alla Tav”. 

Il tutto in un documento che Renzi chiama “Ciao”, titolo che suona come un saluto e un avvertimento al premier, ma che il leader di Italia Viva difende: “Si tratta di un documento molto serio: cultura, infrastrutture, ambiente, opportunità”. Eppure, le 61 osservazioni messe insieme dai renziani rischiano davvero di mettere in difficoltà Conte e il governo. L’obiettivo del premier era di inviare il piano a Bruxelles per l’inizio di febbraio, dopo una approvazione preliminare al consiglio dei ministri del 30 dicembre, per inviarlo poi al Parlamento la settimana successiva per le modifiche e vederlo approvare in via definitiva a fine gennaio, inizio febbraio. Nulla di tutto questo, se alle parole di Renzi faranno seguito i fatti. 

Il nuovo affondo di Renzi, in ogni caso, apre nuovi scenari ed alimenta i sospetti degli alleati di governo per i quali l’ex premier ha ormai adottato una strategia dilatoria tesa a logorare il presidente del Consiglio. Nessuno crede che il leader di Italia Viva si spinga a far deflagrare il governo. Non prima del varo del Recovery Plan e della legge di bilancio, almeno. Piuttosto, Renzi starebbe preparando il terreno per affondare il colpo sul Conte 2 a metà gennaio, quando le due partite che interessano l’Europa saranno definitivamente chiuse.  

A questo gioco non partecipa il Partito Democratico che ha già pronte le osservazioni al Piano nazionale e, stando a quanto si apprende, le farà planare sul tavolo di Conte entro questa sera, dopo l’analisi e le condivisioni da parte della segreteria dem. Osservazioni che non mirano a “smontare” il piano predisposto da Conte.

“Non è tutto da rifare”, come precisa Zingaretti: “Io non penso affatto che il Recovery sia tutto da rifare. Il Pd su richiesta del presidente del Consiglio sta lavorando a un documento da consegnare prima della riunione del Consiglio dei ministri che lo dovrà adottare per poi iniziare l’iter parlamentare. Sono settimane che lavoriamo per contribuire a scelte strategiche per l’Italia. Lo abbiamo fatto sempre in maniera costruttiva e responsabile, continuiamo e continueremo a farlo con questo spirito.         

Le osservazioni del Pd riflettono molte delle proposte fatte arrivare a Conte già nell’incontro di qualche giorno fa. Quindi grande attenzione al green, alla transizione ecologica, e all’innovazione, ma con fondi dati anche a nuovi protagonisti e non solo a imprese già presenti. Poi parità di genere, istruzione, maggiori fondi per gli asili nido e le infrastrutture sociali, cultura e commercio.

Riflettori puntati particolarmente su mezzogiorno e sulla sanità. Su questo settore, fanno notare i dem, sarà importante vedere a quanto ammonterà la spesa effettiva complessiva e quanto sarà davvero disponibile in questo anno. Il Pd, inoltre, continua a sottolineare l’importanza delle riforme sul lavoro: “Si rischia di arrivare al termine del blocco dei licenziamenti senza una riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive che abbiamo posto più volte al tavolo di maggioranza sul programma di governo”, è il timore che attraversa il partito. Sulla cabina di regia del Recovery, inoltre, si sottolinea che “la struttura dovrà essere sussidiaria, quindi di supporto, alla Pubblica amministrazione e non sostitutiva e dovrà anche interagire e aiutare le amministrazioni periferiche che altrimenti potrebbero avere problemi nella gestione di questi progetti”.          

Più fondi a sanità e green, tra le altre, chiedono anche da Liberi e Uguali. Il partito di Roberto Speranza sta lavorando al documento che, viene riferito, sarà consegnato a Conte nei tempi concordati: “Nel documento abbiamo ritenuto fondamentale riaffermare che i fondi destinati alla sanità, pari ad appena 9 miliardi, sono largamente insufficienti, anche tenendo conto di alcuni programmi trasversali. Salute, quindi, ma anche ambiente, infrastrutture sociali, istruzione e ricerca, mobilità sostenibile e mezzogiorno gli assi portanti delle nostre priorità”. 

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