Sindacati: va bene Quota 41 ma serve una riforma basata sulla flessibilità

Sindacati: va bene Quota 41 ma serve una riforma basata sulla flessibilità

17. 08. 2020 Off Di admin

Quota 41 va bene, ma quello che conta è riformare il sistema previdenziale garantendo la flessibilità e utilizzando i risparmi di Quota 100. Questa la posizione dei sindacati, in vista del confronto sulle pensioni che ripartirà a settembre.

Cgil, Cisl e Uil hanno già fissato con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, due incontri l’8 e il 16 settembre. Il primo tavolo servirà a definire il pacchetto di misure da inserire nella legge di bilancio, tra cui il prolungamento dell’Ape sociale (con la possibilità, come chiesto dai sindacati, di aumentare le categorie di lavoro gravoso) e la proroga di Opzione donna. Secondo i sindacati, occorre poi individuare uno strumento nuovo che vada oltre l’isopensione, che accompagni con un’indennità i lavoratori a cui mancano 3-4 anni per andare in pensione; qualcosa di simile ai fondi esistenti in alcune categorie.

 Nel secondo incontro – spiega il segretario confederale della Uil Domenico Proietti – si farà una valutazione più generale su come evitare lo scalone al 2021. “Con la ministra del Lavoro Catalfo – aggiunge il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli – dovremo capire cosa accadrà dopo il 2021, quando andrà a scadenza Quota 100”.

Secondo Ghiselli, la cosiddetta Quota 41 “è un intervento spot, non una riforma organica”, che “taglia completamente fuori tutti quei lavoratori che non arrivano a tali livelli di contribuzione, come le donne che verrebbero escluse perché in media hanno 25 anni di contributi, e i lavoratori discontinui”. Per Proietti, Quota 41 riguarda i lavoratori precoci e rappresenta una scelta giusta ma la fase economica ha ora bisogno di “uno strumento di flessibilità mirato non generalizzato, utile al rilancio del processo produttivo”.

“La base del confronto sulla riforma del sistema previdenziale dal 2022, dopo la conclusione di Quota 100 – sottolinea Ghiselli – è la flessibilità in uscita. Noi proponiamo che a 62 anni il lavoratore possa scegliere”. Nel tavolo del 16 settembre – prosegue Ghiselli – si tratterà di tracciare il nuovo sistema previdenziale, pensando a quanti svolgono lavori gravosi, alle donne (tenendo conto di maternità e lavoro di cura), ai giovani, ai lavoratori  discontinui; “Proponiamo una pensione contributiva di garanzia, che consideri anche i periodi in cui si è disoccupato e si fa formazione, e valorizzi il part time”.

Secondo i sindacati, la riforma non presenta problemi economici: in primo luogo perché si possono utilizzare i risparmi di Quota 100 (che secondo la Cgil superano i 6 miliardi) e poi perchè è ora di “rimettere un po’ di equità nel sistema previdenziale, dopo i tanti miliardi sottratti dalla legge Fornero”. 

Cgil, Cisl e Uil ricordano che i conti dell’Inps sono in equilibrio, e anche il presidente Tridico ha detto che la spesa previdenziale italiana è in linea con quella dei paesi europei. Qualche equivoco ancora si ripresenta solo perché la spesa previdenziale non è distinta da quella assistenziale. Per questo viene invocata la tanto attesa separazione, di cui dovrebbe occuparsi un’apposita commissione che non è però ancora stata nominata per “farraginosità del sistema”. 

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