Sulla condanna di Berlusconi l’ombra di una sentenza pilotata 

Sulla condanna di Berlusconi l’ombra di una sentenza pilotata 

30. 06. 2020 Off Di admin

AGI – “Berlusconi condannato ingiustamente”: è quanto emergerebbe da una serie di audio fatti ascoltare in occasione della trasmissione “Quarta Repubblica” argomentati da il Il Giornale e il Riformista secondo il quale, “ci sono le prove che la sentenza che condannò Berlusconi al carcere, nel 2013, e che diede il via al declino precipitoso di Forza Italia – si legge nell’articolo pubblicato – era una sentenza clamorosamente sbagliata”.

E, spiega ancora il Riformista, “c’è il forte sospetto che lo sbaglio non fu dovuto solamente a imperizia dei giudici, ma forse: scriviamo dieci volte forse a un disegno politico del quale è difficile stabilire con precisione gli autori”. Per il Riformista, “a sette anni di distanza emergono delle novità molto importanti, contenute in un supplemento di ricorso alla Corte Europea (contro la sentenza della Cassazione) presentato giorni fa dagli avvocati di Berlusconi (Andrea Saccucci, Bruno Nascimbene, Franco Coppi e Niccolò Ghedini).

Le novità essenzialmente sono due: una sentenza del tribunale civile di Milano che ribalta la sentenza penale; e un audio del dottor Amedeo Franco, relatore di Cassazione, scomparso lo scorso anno, che racconta come la sentenza di condanna di Berlusconi da parte dell’Alta Corte fu decisa a priori e probabilmente teleguidata. Per questa ragione era una sentenza molto lacunosa dal punto di vista giuridico“.

Secondo quanto riportato da “Il Giornale”, “La sentenza di condanna di Berlusconi per frode fiscale si basava sul presupposto che Mediaset avesse comprato dei film americani attraverso la finta mediazione di un certo Farouk Agrama, pagandoli molto meno di quello che Agrama fece risultare. La differenza tra prezzo vero e ‘prezzo falso’ dicevano che venne equamente spartita. La metà la avrebbe usata Mediaset per abbassarsi le tasse, l’altra metà Farouk Agrama la avrebbe depositata in un conto svizzero. I magistrati, quindi, sequestrarono il conto svizzero di Agrama. Berlusconi cerco’ di spiegare che in quel periodo, siccome faceva il presidente del Consiglio, non si occupava dell’acquisto dei film e tantomeno della dichiarazione dei redditi di Mediaset. Ma i giudici di primo, secondo e terzo grado non gli credettero”.

E il Cavaliere, fu sottoposto a processo: “In primo grado – ricorda Il Giornale – nel giugno del 2012, il pm chiese 3 anni e otto mesi. La Corte portò tutto a quattro. L’appello si concluse nel maggio dell’anno successivo, confermando la pena, e tre mesi dopo, ad agosto, arrivò la sentenza della Cassazione”.

Ancora, spiega “Il Giornale”, “Berlusconi si rivolse a un tribunale civile in virtù di un ragionamento molto semplice. Il Riformista lo esplifica al massimo: se davvero, come dite voi, Agrama mi ha fregato tre o quattro milioni, me li ridia”. Il tribunale civile di Milano, con una recente sentenza, “ha escluso che ci fosse appropriazione indebita, ha stabilito che l’intermediazione non era fittizia, che la società di Agrama è una società vera e propria e ben funzionante, e ha anche stabilito che non solo non ci fu maggiorazione nelle fatture, ma che il prezzo al quale Mediaset compro’ era un ottimo prezzo”.

Durante la trasmissione Quarta Repubblica, “sono stati fatti sentire al pubblico gli audio choc del magistrato Amedeo Franco”, scrive Il Giornale, in base ai quali emergerebbe che “”Berlusconi deve essere condannato a priori perche’ e’ un mascalzone! Questa è la realtà – si sentirebbe nell’audio – a mio parere è stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia l’impressione che tutta questa vicenda sia stata guidata dall’alto. In effetti hanno fatto una porcheria perché che senso ha mandarla alla sezione feriale? Voglio per sgravarmi la coscienza, perche’ mi porto questo peso del ci continuo a pensare. Non mi libero. Io gli stavo dicendo che la sentenza faceva schifo”.

E sempre secondo quanto riportato da Il Giornale “Nelle intercettazioni ambientali del 2013, Amedeo Franco dice che se avesse saputo di questa storia, di questa “porcheria”, “mi sarei dimesso, mi sarei dato malato. Non volevo essere coinvolto in questa cosa. A mio parere e’ stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia”.

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