Coronavirus: Terzulli (Sace): “L’export italiano ha i giusti anticorpi per resistere”

Coronavirus: Terzulli (Sace): “L’export italiano ha i giusti anticorpi per resistere”

04. 03. 2020 Off Di admin

L’export italiano ha i giusti “anticorpi” e una sua contrazione nel 2020 al momento non è scontata. Ne è convinto Alessandro Terzulli, responsabile ricerca e studi di Sace Simest, che vede “nella resilienza” dell’export tricolore uno dei punti di forza che permetterà alle imprese di superare anche “lo shock” del coronavirus. “È chiaro che lo scoppio dell’epidemia pone preoccupazioni sulla crescita dell’economia”, premette il l’esperto, “però secondo quello che oggi è lo scenario a più alta probabilità di accadimento, ossia di impatti abbastanza forti nella prima parte dell’anno e che andranno ad attenuarsi sia in Cina sia nel resto del mondo nella seconda metà del 2020, l’export italiano potrebbe continuare a crescere nonostante tutto e ad avere una performance positiva quest’anno. Una performance inferiore ovviamente a quella degli scorsi anni, ma positiva”.

A meno di un peggioramento “del tutto inaspettato del contagio che vada oltre il previsto – continua Terzulli – che però secondo gli esperti per il momento non è il più probabile”. Sostanzialmente, è il ragionamento di Terzulli, “di fronte a un primo semestre che sarà abbastanza debole a livello globale, ci sarà un pochino da stringere i denti, ma se finisse col prevalere lo scenario di consensus in cui già per la seconda metà dell’anno tutto potrebbe ripartire, il nostro export potrebbe beneficiarne”.

Bisognerà pesare, ovviamente, tutti gli eventi di rischio, anche quelli che ci portiamo dietro dal 2019 e ancora “non siamo riusciti a scrollarci di dosso”, a partire dalla guerra dei dazi e da Brexit. “Nel 2019 non abbiamo perso quota di mercato, nonostante il contesto difficile – spiega l’esperto – a cominciare dall’impatto della guerra dei dazi inenscata da Trump. Con l’atteso mini deal Usa-Cina del 15 gennaio si è posto fine a un’escalation almeno temporaneamente, però ricordiamo che prima del 2017 il dazio medio sui beni importanti dagli Usa in Cina era sostanzialmente di sei volte inferiore a quello di oggi, poi siamo saliti al 21% e ora siamo scesi al 19,3%. Un accordo buono, ma comunque solo parziale, in attesa della fase 2. L’attenzione di Trump si è poi concentrata sulla Ue, a partire dai dazi sulle auto, in un momento in cui la crescita dell’aera euro è abbastanza debole. Quindi dei rischi concreti rimangono”.

Altro tema, aggiunge Terzulli, è la Brexit e “siamo in una strada molto stretta perché da qui a fine anno si deve negoziare un trade agreement delicato e se l’accordo non dovesse esserci si tornerebbe sotto il cappello del Wto e sarebbe un passo indietro importante. Quando parliamo di Regno Unito parliamo del quinto mercato per il nostro export con 23 miliardi di esportazioni di beni, con un avanzo commerciale molto importante per noi. Senza accordo, nel 2021 ci potrebbero essere degli effetti recessivi sul Regno Unito e, quindi, una minore domanda e un minore export da parte nostra.

La sterlina potrebbe anche deprezzarsi rispetto all’euro, il che si tradurrebbe in una minore competitività delle nostre merci. Il Wto fra l’altro prevede dei dazi, anche se minimi, su alcuni settori del nostro made in Italy, come l’agroalimentare e alcuni settori del comparto moda. Quindi anche questa incertezza rimane. Se a questo aggiungiamo le tensioni geopolitiche in Medio Oriente e adesso anche l’emergenza coronavirus – conclude – è chiaro che la situazione è parecchio complicata”. 

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