La Fed lascia i tassi invariati ma la stretta non è finita 

La Fed lascia i tassi invariati ma la stretta non è finita 

21. 09. 2023 Off Di admin

AGI –  Il giorno dopo la ‘pausa falco’ della Fed i mercati fanno i conti con un probabile nuovo rialzo dei tassi di 25 punti base nel 2023, considerando che l’inflazione non è ancora domata e che l’economia Usa marcia spedita. La banca centrale Usa. Allo stesso tempo, il numero di tagli dei tassi previsti per il 2024 si riduce significativamente: il tasso di interesse previsto alla fine del prossimo anno passa dal 4,6% al 5,1% e questo nuovo tasso è compatibile con due tagli dei tassi o forse uno solo se non ci saranno altri rialzi nel 2023.

Dalle proiezioni macroeconomiche, si deduce che i membri del Fomc si aspettino un’economia più resiliente, rispetto alle proiezioni di giugno. Ciò richiede una stance di politica monetaria più restrittiva per riportare l’inflazione al target del 2%.

La crescita del Pil è stata infatti rivista sostanzialmente al rialzo sia per il 2023 sia per il 2024, il tasso di disoccupazione è stato rivisto al ribasso, alla luce dell’attuale situazione del mercato del lavoro.

A seguire le orme della Fed in Europa è stata oggi la Banca d’Inghilterra, che ha sospeso il rialzo dei tassi segnando così la prima pausa dall’inizio del ciclo di rialzi avviato nel dicembre 2021.

Tuttavia, i tassi della Boe rimangono ai livelli più alti dall’aprile 2008. La decisione della banca centrale ha fatto crollare la sterlina, che subito dopo l’annuncio è scesa dello 0,72% sul biglietto verde a 1,2256 dollari per sterlina, poco dopo aver toccato un nuovo minimo da più di cinque mesi, a 1,2239 dollari. 

“L’inflazione è scesa significativamente negli ultimi mesi E questa è una buona notizia”, ha osservato il governatore della Boe, Andrew Bailey, sottolineando che l’istituto centrale ritiene che questo “continuerà”. “Non c’è spazio per l’autocompiacimento”, ha avvertito. “Dobbiamo assicurarci che l’inflazione ritorni alla normalità e prenderemo le decisioni necessarie per arrivarci”, ha affermato.

Un’altra pausa nel rialzo dei tassi p stata decretata sempre oggi dalla banca centrale svizzera, che ha interrotto il suo ciclo d’inasprimento mantenendo il tasso di riferimento all’1,75% ma anche in questo caso ha lasciato la porta aperta a un nuovo giro di vite.

Dal canto suo, la Banca di Norvegia ha invece alzato il tasso di riferimento per la 13esima volta in due anni, aumentandolo di 0,25 punti per portarlo al 4,25%. E ha affermato di ritenere “probabile” una nuova stretta a dicembre.

Infine, in Svezia, la banca centrale ha annunciato che avrebbe aumentato il tasso di riferimento di 0,25 punti, portandolo al 4%, il più alto degli ultimi 15 anni, e che avrebbe potuto aumentarlo ulteriormente. Domani tocca alla Banca del Giappone (Boj) comunicare la sua decisione sui tassi. L’istituto di Tokyo probabilmente non farà mosse offrendo però spunti su una potenziale svolta per allontanarsi dai tassi di interesse negativi.

Il governatore Kazuo Ueda ha recentemente segnalato questo orientamento, affermando che i salari e l’inflazione sono cresciuti costantemente negli ultimi mesi. Venerdì arrivano i dati sull’inflazione giapponese, che ad agosto dovrebbe restare ferma al 3,3%, come a luglio, un livello che comunque è elevato per un Paese che per decenni ha sofferto di deflazione.

Tornando Oltreoceano, gli investitori hanno accolto con nervosismo il dato sui sussidi settimanali di disoccupazione, scesi a sorpresa ai minimi di oltre 7 mesi. I dati hanno evidenziato che il mercato del lavoro a stelle e strisce mostra una resilienza al ciclo di inasprimento aggressivo dei tassi da parte della Fed. Infine, a settembre l’indice relativo all’attività manifatturiera del distretto Fed di Philadelphia si è riportato in terreno negativo a -13,5 punti dai +12 di agosto. Il dato è nettamente più basso delle attese degli analisti, che indicavano un livello di -0,7 punti. 

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