Morning Bell: la difficoltà dei mercati davanti all’avanzata della guerra 

Morning Bell: la difficoltà dei mercati davanti all’avanzata della guerra 

02. 03. 2022 Off Di admin

AGI – La guerra in Ucraina avanza, le sanzioni fanno male alla Russia e i mercati sono cauti. Corrono le materie prime: il petrolio vola al top da 7 anni, con il Brent sopra 111 dollari e il Wti sopra quota 109 al barile, mentre il gas sale del 25% a 120 dollari.

Allarme in Italia di Confindustria, che segnala il rischio che i nuovi picchi facciano schizzare la bolletta energetica dell’industria a 51 miliardi di euro nel 2022. A pesare sui mercati energetici c’è anche il fallimento di Nord Stream 2, la società che gestisce il gasdotto che collega la Russia alla Germania, affondata dalle sanzioni.

In Asia i listini sono in rosso, con Tokyo giù dell’1,7%, Shanghai dello 0,5% e Hong Kong dell’1,1%. In rialzo invece i future a Wall Street, che salgono dello 0,5%, dopo aver chiuso in rosso intorno all’1,6%. Joe Biden chiama Vladimir Putin “dittatore” nel suo primo discorso sullo Stato dell’Unione e annuncia la chiusura dello spazio aereo Usa ai voli russi.

Salgono dello 0,50% i future sull’EuroStoxx 50, dopo che ieri le Borse europee hanno chiuso a picco, con Milano che ha lasciato sul terreno il 4%, Francoforte il 3,85%, Parigi il 3,94%.

Intanto le sanzioni internazionali contro Mosca e il congelamento delle riserve della banca centrale, mandano in tilt il sistema economico russo: il Paese rischia il crack finanziario, proseguono le code ai bancomat, la Borsa di Mosca resterà chiusa oggi per il terzo giorno consecutivo, Sberbank, la più grande banca russa, sanzionata da Ue e Usa, lascerà il mercato europeo. 

Intanto prosegue il crollo del rublo, che sprofonda al minimo storico, mentre le imprese e i capitali stranieri stanno scappando dalla Russia. Proprio per evitare questa emorragia le autorità russe hanno preparato una bozza di decreto presidenziale che punta a disincentivare le fughe di capitali. Mosca fa poi sapere che non pagherà coupon per i titolari stranieri sul suo debito pubblico.

E anche il calcio mette al bando la Russia. Con una decisione congiunta, Fifa e Uefa hanno deciso di sospendere da tutte le competizioni internazionali la nazionale di Mosca e tutti i club russi. Per effetto di questa decisione, la Russia è attualmente esclusa dal Mondiale di Qatar 2022. Sui mercati gli investitori fanno incetta di beni rifugio: alle stelle i future sul grano che salgono ai massimi dal 2008, l’oro s’impenna a 1.935 dollari l’oncia, mentre calano i rendimenti dei decennali, quelli sui Treasury arretrano sotto all’1,7% e quelli sui Bund tornano negativi a -0,076%.

Anche il tasso sui Btp si ferma all’1,4%, mentre lo spread si è ridotto di quasi dieci punti, terminando la seduta a 147,6 punti. Intanto a Chicago frena leggermente il prezzo del mais e sale quello della soia. Insieme, Russia e Ucraina rappresentano circa il 29% delle esportazioni globali di grano, il 19% delle esportazioni di mais e l’80% delle esportazioni di olio di girasole. Oggi c’è grande attesa per l’intervento al Congresso del numero uno della Fed Jerome Powell al Congresso, nonché per la riunione dell’Opec+ e per i dati sull’inflazione europea.

Oggi riflettori su Powell, Opec+ e inflazione Ue

Al di là della crisi ucraina oggi riflettori dei mercati saranno puntati su una serie di importanti eventi. Nel pomeriggio, nel giro di poche ore, interverranno il ‘falco’ della Fed, James Bullard, il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell e il capo economista della Bce, Philip Lane. Poi avremo il comunicato finale della riunione dell’Opec+, che lascerà invariati gli aumenti di 400.000 barili al mese, anche se la Russia, vista la situazione, farà probabilmente solo finta di aderire a questi aumenti produttivi, continuando a estrarre greggio a suo piacimento.

Inoltre usciranno i dati sull’inflazione preliminare dell’area euro, che a febbraio è attesa in rialzo dal 5,1% al 5,3% annuale. A guidare i prossimi passi dei mercati sarà soprattutto la Federal Reserve, la quale in qualche modo dovrà tener conto del conflitto in Ucraina, anche se con meno urgenza della Bce, visto che l’Europa risente dell’impatto economico della guerra più degli Stati Uniti.

Il 16 marzo la Fed rialzerà i tassi e probabilmente lo farà di 25 punti base e non di mezzo punto percentuale, anche se su questo sara’ interessante sentire quello che dirà oggi Powell al Congresso.

I mercati si aspettano che nel 2022 la Fed rialzi i tassi almeno sei volte. Anche su questo Powell sarà atteso al varco, così come sul peso che l’inflazione avrà sull’economia Usa. Sui tagli del bilancio Fed invece, che attualmente pesano circa il 40% del Pil Usa, c’è meno chiarezza. E oggi Powell qualcosa in proposito dovrà dirla. E qualcosa dovrà dirla anche sulla guerra, anche se per la Fed non rappresenta un problema grave come quello dell’inflazione, il quale resta il ‘nemico pubblico uno’.

Intanto la Bce continua invece a ripetere il suo ‘mantra’, che farà tutto ciò che “è necessario per garantire la stabilita’ dei prezzi e quella finanziaria nella zona euro”. Che significa? Di fatto, spiega Antonio Cesarano, global strategist di Intermonte Partners, la Bce “apre a un’ipotesi, che è ancora da definire, di fare qualcosa di straordinario in nome dell’emergenza. In altre parole la Bce, a causa della crisi ucraina, ammorbidira’ il processo di normalizzazione monetaria”. Come ancora non si sa, lo sapremo alla riunione del prossimo 10 marzo. I mercati comunque danno per scontato che la Bce continuera’ a comprare titoli del debito pubblico e non stabilira’ una scadenza precisa agli acquisti. Lo dimostra la discesa dello spread, che ieri è sceso sotto i 150 punti.

Nord Stream 2

Nord Stream 2, la società con sede in Svizzera che ha costruito l’omonimo gasdotto fra Russia e Germania, ha formalmente dichiarato fallimento. Lo ha annunciato la responsabile economica del cantone svizzero di Zug, dove ha sede Nord Stream, alla tv svizzera, spiegando che le autorità cantonali sono state informate che l’azienda non è in grado di proseguire l’attività. Circa 106 dipendenti – l’intera forza lavoro svizzera dell’azienda – ha già ricevuto lettere di licenziamento. Il fallimento è dovuto alle sanzioni Usa.

Il 23 febbraio il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha emesso un ordine esecutivo che comporta la chiusura, entro il 2 marzo “di ogni transazione che coinvolge Nord Stream 2” o “qualsiasi entità in cui Nord Stream 2 possiede, direttamente o indirettamente, una partecipazione di almeno 50%”. Il governo tedesco aveva anch’esso temporaneamente sospeso la procedura di autorizzazione all’entrata in funzione del Nord Stream 2. Il colosso russo del gas Gazprom ha una partecipazione di maggioranza in Nord Stream 2, tra i cui azionisti troviamo Uniper e Wintershall Dea (Germania), Engie (Francia), Omv (Austria) e Shell (Regno Unito).

Nord Stream 2, che è costato 12 miliardi di dollari, è stato costruito a partire dalla crisi sulla Crimea del 2014. Quando il progetto del gasdotto è stato annunciato nel 2015, ha promesso un nuovo futuro energetico per l’Europa. Attraversando sotto il Mar Baltico dalla Siberia occidentale per approdare in Germania, assicurava alla Germania – e all’affiatato mercato energetico europeo, attraverso il quale le forniture di gas naturale attraversano i confini con facilità – una fornitura garantita. Al suo apice, il gasdotto di 1.230 chilometri avrebbe potuto fornire 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno, quanti ne garantisce il gemello Nord Stream 1. Si tratta di un decimo del consumo europeo di gas nel solo 2021. 

Cosa rischia l’Europa se Mosca dovesse tagliare il gas?

Le sanzioni alla Russia, l’esclusione di Mosca dallo Swift e la cancellazione del progetto Nord Stream 2 mettono a rischio le forniture russe all’Europa, che pesano per circa il 40% del fabbisogno europeo. Ma cosa succederebbe se Mosca decidesse di tagliare le sue forniture, o addirittura di fermarle del tutto? Secondo gli esperti la Ue sarebbe probabilmente in grado di sopravvivere fino all’estate a un’interruzione su larga scala delle forniture di gas russo, sulla base di una combinazione di maggiori importazioni di Gnl (nella misura limitata in cui ciò è tecnicamente possibile) e di misure dal lato della domanda, come la riduzione di attività produttive ad alto consumo energetico.

Ovviamente, questo avrebbe un costo per l’economia dell’Ue e potrebbe anche portare alcuni Paesi (quelli più esposti al gas russo e meno interconnessi con altri paesi dell’Ue, inclusa l’Italia) a dover prendere misure di emergenza come dei blackout energetici. In ogni modo, incrementando le forniture da altri paesi e attuando politiche di contenimento della domanda, l’Europa è in grado di passare l’inverno anche in caso di una forte riduzione delle forniture russe (con un aumento considerevole del prezzo del gas).

A sua volta l’Europa rappresenta il più grande mercato del gas per la Russia e un completo stop dei ricavi delle esportazioni verso l’Europa avrebbe un enorme impatto sulle casse di Mosca. Inoltre, se Gazprom bloccasse le forniture già concordate con contratti a lunga scadenza ne andrebbe della sua credibilità di fornitore affidabile agli occhi di altri mercati, come quello asiatico. Nel breve periodo la Russia non è in grado di reindirizzare tutta la sua offerta destinata all’Europa verso altri paesi, questo perché  manca l’infrastruttura.

Al momento il grosso del gas russo che finisce in Asia arriva da giacimenti (e gasdotti) diversi da quelli utilizzati per l’Europa. Va anche messo in evidenza che la cancellazione del progetto Nord Stream 2 non peserà solo sulla Germania ma su tutta l’Europa, che è interconnessa. La produzione europea di gas sta calando in modo significativo. Si prevede che la produzione nei paesi europei, eccetto la Norvegia, scenderà del 40% nei prossimi cinque anni, secondo l’Iea.

La maggior parte di questa diminuzione è guidata dalla cessazione della produzione nei Paesi Bassi e dalla diminuzione delle estrazioni nei giacimenti del Mare del Nord di proprietà del Regno Unito. Ma quanto durerà la crisi del gas naturale a livello globale e per quanto tempo i prezzi resteranno così alti? Secondo una analisi condotta da Lgim, società che sviluppa fondi ETF e soluzioni di investimento, la crisi del gas naturale durerà fino al 2030. Insomma, occorrerà tutto il decennio in corso per colmare questa crisi con produzioni alternative. Nel medio termine sarà fondamentale per l’Europa accelerare sulla transizione a fonti energetiche a basse emissioni e sull’efficientamento energetico. Tuttavia ciò potrà dare risultati solo a medio-lungo termine.

La soluzione più ovvia per colmare qualsiasi carenza di approvvigionamento è quella di caricare il gas su navi cisterna. A dicembre le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) hanno aiutato a proteggere l’Europa dai prezzi record del gas. Negli ultimi tre mesi del 2021, le importazioni di Gnl in Europa sono cresciute del 40% rispetto all’anno precedente, sostenute dal gas proveniente dagli Stati Uniti. Storicamente, circa tre quarti delle importazioni di gas dell’Unione sono arrivate via gasdotto, e un quarto tramite carichi di Gnl. Questo potrebbe cambiare in futuro.

Il Qatar potrebbe essere uno dei principali fornitori di Gnl, ma il suo ministro dell’energia, Saad al-Kaabi, ha detto a una conferenza che il ruolo della Russia nel mix energetico globale è insostituibile: “Non c’è un solo paese che possa sostituire quel tipo di volume. Non c’è la capacità di farlo dal Gnl”.

Oltre a questo problema, la maggior parte delle forniture globali di gas naturale liquefatto sono già legate da contratti a lungo termine. L’Europa dovrà lottare con il resto del mondo per assicurarsi quei rimanenti carichi di Gnl non vincolati. La Cina ha recentemente superato il Giappone come il più grande importatore mondiale di Gnl e ha bisogno di molto gas per alimentare il suo fiorente settore manifatturiero. “Nei prossimi due tre anni, ci aspettiamo che i mercati resteranno a corto di Gln (gas naturale liquefatto) per 25-28 milioni di tonnellate all’anno”, ha detto l’ad di Petronas, Tengku Muhammad Taufik.

In conclusione, l’Europa ha già vissuto attraverso la riduzione dell’offerta russa ed è sopravvissuta, anche se a prezzo di un notevole costo finanziario. In mancanza di un’adeguata diversificazione, gli europei e in particolare i tedeschi sono ora in una posizione in cui devono pregare che Putin non ci tagli tutto il gas. La cosa, come abbiamo visto è improbabile, perchè non conviene neanche alla Russia farlo, inoltre l’esenzione della Russia dal circuito Swift è stata fatta consentendo ad alcune banche russe di derogare, proprio per consentire ai Paesi europei di continuare ad acquistare il gas russo.

Insomma, fino all’estate l’Europa sopravviverà alla crisi del gas e poi come spiega il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani ci vorranno almeno “24 mesi” prima che i paesi europei riescano a ridurre “sensibilmente” la loro dipendenza dalle fonti energetiche russe. “Il punto fondamentale è riuscire a fare gli stoccaggi per prepararci al prossimo inverno”, aggiunge il titolare della Transizione ecologica al termine del Consiglio straordinario energia a Bruxelles. 

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