Autostrade e Alitalia, i due dossier a un punto di svolta

Autostrade e Alitalia, i due dossier a un punto di svolta

18. 06. 2020 Off Di admin

Due dossier sul tavolo del governo da molto tempo ormai, sono arrivati a un punto di svolta. Sono quelli riguardanti Autostrade per l’Italia e Alitalia che insieme al futuro dell’ex Ilva preoccupano, da molto tempo ma ancor più ora in tempi di emergenza economica, il premier Giuseppe Conte. Aspi è eredità del Conte I, di quel 14 agosto 2018 data del crollo del Ponte Morandi di Genova. Alitalia e ArcelorMittal invece arrivano da più lontano. I dossier erano e sono tuttora stati oggetto di diversità all’interno sia del governo Lega-M5S e sia di quello giallorosso.

Le questioni si sono anche incrociate quando Atlantia (che controlla Aspi all’88%), esattamente un anno fa, è stata scelta da Fs come partner della cordata che avrebbe dovuto rilanciare proprio la compagnia di bandiera. Il progetto tuttavia è fallito perché l’offerta vincolante del consorzio guidato da Ferrovie non è mai arrivata aumentando l’irritazione del governo che ha accusato la holding dei Benetton di aver legato l’impegno in Alitalia a una soluzione ‘indolore’ della vicenda Autostrade.

Ai dissidi all’interno della maggioranza di governo sulle modalità con le quali risolvere le questioni, si è aggiunta, nei mesi scorsi, la tempesta Covid-19 che ha rallentato la ricerca di soluzioni condivise e cambiando le priorità sul tavolo del governo. C’è poi da segnalare la voce contraria del neo presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che ha espresso chiaramente il suo malcontento nei confronti di un’ipotesi di intervento dello Stato in economia. “Noi veniamo da errori di lunga data – ha detto Bonomi solo pochi giorni fa – abbiamo problemi di demografia, è un paese che viene fuori da 25 anni di bassa produttività su questo non siamo mai intervenuti e soprattutto ormai c’è una propensione del pubblico ad entrare come gestore dell’economia cosa che basta vedere Alitalia e Ilva per capire i danni che ha prodotto”. 

AUTOSTRADE PER L’ITALIA

Tutto comincia, come detto, il 14 agosto del 2018 con il crollo del Ponte Morandi di Genova. Il M5s da quel momento considera la revoca della concessione ad Aspi come un passaggio assolutamente imprescindibile. Inizia così un braccio di ferro tra la controllante di Aspi, Atlantia e il governo. E’ proprio di oggi l’appello del gruppo Benetton, secondo quanto riferito da fonti Ue, rivolto alla Commissione in una lettera al vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis in cui si accusa l’esecutivo italiano di aver violato le regole europee con il Milleproproghe che ha consentito di “ridurre drammaticamente” la compensazione riconosciuta al gruppo nel caso di revoca anticipata al contratto di Autostrade per l’Italia.

Senza la nuova legge, infatti il governo dovrebbe pagare 23 miliardi di euro a titolo di risarcimento per porre fine alle concessioni di Autostrade prima del 2038. Ma il top management di Atlantia ha anche sostenuto che il governo le avrebbe imposto di vendere la sua quota di maggioranza di Autostrade a “Cassa Depositi e Prestiti ad un valore ridotto, creando un danno significativo a migliaia di investitori italiani e stranieri”.

Questo perché, secondo le ultime indiscrezioni, la soluzione trovata dall’esecutivo non sarebbe più la revoca tout court della concessione ma l’ingresso in Autostrade per l’Italia di Cdp e F2i che verrebbero così a controllare il 51% della concessionaria con Atlantia in minoranza (oggi ha l’88% di Aspi). Al fianco di Cdp e F2i ci sarebbero anche Poste Vita e Casse di previdenza. La lettera di Atlantia a Bruxelles in ogni caso sta a indicare che i nodi devono essere sciolti e che l’ipotesi di una battaglia legale è ancora attuale. 

ALITALIA

La questione Alitalia invece è più antica e, forse, apparentemente più semplice. Dopo il fallimento del consorzio guidato da Fs, il governo ha deciso di sostituire i tre commissari (Stefano Paleari, Enrico Laghi e Daniele Discepolo) con Giuseppe Leogrande. Paradossalmente in questo caso la pandemia ha spianato la strada alla soluzione eliminando gli intoppi tra i partiti della maggioranza di governo. Di fronte al collasso del trasporto aereo mondiale e alle nazionalizzazioni nel resto d’Europa delle maggiori compagnie aeree, il governo ha deciso di immettere nella nuova Alitalia 3 miliardi di euro. In stand-by le manifestazioni di interesse, prima fra tutte quella di German Efromovich, il finanziare sudamericano che si è detto pronto a investire un miliardo. Resta ora da decidere il management della società (e su questo Pd e M5s stanno discutendo) mentre il nome sarà Alitalia Tai (Trasporto aereo italiano).

La questione principale per la ministra dei Trasporti Paola De Micheli e il collega dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli è garantire la discontinuità aziendale chiesta da Bruxelles tra la società in amministrazione straordinaria e quella di nuova costituzione. Secondo il nuovo piano Alitalia Tai dovrebbe raggiungere il pareggio di bilancio a fine 2022 e fare utili a partire dal 2023. La compagnia – che dovrebbe integrarsi con Air Italy – punterà sul medio e lungo raggio. Esclusa invece la parte relativa ai low cost.

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