Banca Etruria: archiviata l’indagine sul padre di Maria Elena Boschi

Banca Etruria: archiviata l’indagine sul padre di Maria Elena Boschi

20. 08. 2020 Off Di admin

AGI – “Oggi è un giorno bello: la verità è più forte del fango”. Maria Elena Boschi annuncia così sui social la nuova archiviazione decisa dai magistrati nei confronti del padre Pierluigi, per l’inchiesta Banca Etruria. “Chissà dove sono ora coloro che in questi anni ci hanno insultato, offeso, minacciato”, aggiunge la parlamentare pensando a chi – tra avversari ed ex avversari – si è per ora astenuto dal commentare la notizia. A loro guardano anche i suoi colleghi di Italia viva, che ripetono tutti lo stesso refrain e garantiscono che la vicenda non finirà qui. Lo fa Ettore Rosato, presidente del partito e vice presidente della Camera, lo fa Teresa Bellanova, ministro dell’Agricoltura, lo fa – soprattutto – Davide Faraone, capogruppo in Senato.

“Ci sono i giustizialisti, cioè quelli per cui alla prima notizia sulla stampa (di un avversario politico) lo crocifiggono perché colpevole. Poi ci sono i garantisti (che sono quelli che hanno letto la Costituzione) per cui c’è la fiducia nella magistratura, nella consapevolezza che non può essere un giornalista o un procuratore ad emettere una sentenza ma ci vuole un giudice”. Scrive Rosato che sui social lancia anche una frecciata al Movimento 5 stelle. “I giustizialisti – spiega – anche quelli che sono al governo con noi, che scaricarono sentenze (e insulti) su Maria Elena Boschi per la vicenda che coinvolgeva il papà, sono certo si scuseranno con lei e con l’opinione pubblica”. 

Faraone ricorda invece il “fuoco di fila, i titoloni in prima pagina, le offese, le umiliazioni di politici e giornalisti” e “la gogna mediatica che ha colpito” Maria Elena Boschi, “i suoi cari e il Pd guidato allora da Matteo Renzi”. Dove sono gli autori di quel linciaggio? Faraone non ha dubbi: “Stanno tra i populisti, stanno tra quelli che nel nostro partito di allora, quando il fango ci colpiva, dietro le quinte festeggiavano. Stanno tra i sovranisti giustizialisti che ci definivano il partito delle banche. La verità – conclude – è più forte del fango e la coerenza pure. Altroché ritirare le querele. Se lo scordino – promette criticando la scelta fatta dai dem – Hanno colpito senza pietà, infischiandosene delle sofferenze che provocavano e della comunità politica che infangavano”.

Per Teresa Bellanova, ancora, “essere garantisti significa non soltanto pensare che la giustizia si somministri con la velocità di un tweet o di un editoriale di Marco Travaglio, ma attraverso le sentenze o le decisioni dei giudici, ma anche che sia nostro preciso dovere rimediare ai danni che una cultura giustizialista e manettara inevitabilmente fa, ricordando ogni volta quanto sia essenziale aspettare i tempi della giustizia, per quanto – come in questo caso – possano essere incredibilmente lunghi”.

Marco Di Maio sottolinea invece che “in un Paese normale, la notizia avrebbe lo stesso spazio che ebbe all’epoca con tanto di campagne politico-mediatiche ad hoc, apposite trasmissioni in televisione, reportage specifici, troupe televisive e fotografi appostati ovunque. E poi personaggi di modestissimo calibro che hanno imbastito su queste inchieste basate sul nulla, vere e proprie carriere alimentando odio e disprezzo. Chi risponde di tutto questo? Vedremo”. “Il tempo è galantuomo. Italia Viva si batterà sempre per far prevalere il garantismo sul giustizialismo”, assicura infine deputata Raffaella Paita.

 

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