Gli addetti dei call center dell’ex Alitalia scrivono a Mattarella: “Lotti con noi”
26. 04. 2022AGI – “Carissimo Presidente Mattarella, siamo i 543 lavoratori del call center ex Alitalia. Ci rivolgiamo a Lei, quale organo garante della nostra Costituzione, quale uomo del Sud, fiero delle sue origini e espressione della giustizia. La invitiamo a lottare con noi e per noi affinchè lo Stato non rinneghi lo Stato”. Inzia così la lettera dei 543 lavoratori Covisian e Almaviva a rischio licenziamento, inviata al Capo dello Satto nel giorno dell’occupazione del call center. “Questi 543 sono dei gran lavoratori, che per 20 anni – aggiungono – sono stati la voce della compagnia di bandiera italiana e lo hanno sempre fatto con serietà, dignità e orgoglio”.
“Abbiamo creduto – proseguono i lavoratori del call center – in un accordo siglato alla presenza del governo, che ci impoveriva economicamente, ma che ci garantiva di poter continuare a lavorare in modo onesto e dignitoso e invece dopo 6 mesi ci buttano fuori. Si rende conto Presidente? Dopo 6 mesi, ci dicono che è stato tutto uno scherzo, che questo accordo non c’è più, dissolto nel nulla, mai esistito, carta straccia“.
E continuano: “Siamo tutti licenziati. Gli attori principali di questa vicenda, Ita e Covisian, si addossano reciprocamente le colpe e si dichiarano parti lese. E se loro sono parti lese noi cosa siamo? I colpevoli? Lo Stato snobba lo Stato. Ita non si presenta al tavolo. Una mancanza di rispetto assoluta nei confronti di noi lavoratori e di tutti i cittadini italiani, che hanno contribuito, loro malgrado, alla creazione di Ita, che ricordiamo partecipata al 100% dallo Stato”.
Palermo e Rende “non possono permettersi 543 famiglie per strada. Noi lottiamo ogni giorno per far luce su questa vicenda e non ci fermeremo, sempre con l’educazione e la dignità che ci contraddistingue. Lotteremo fino a quando avremo le forze per sconfiggere l’assordante rumore del silenzio che ci vuole avvolgere, ma dal quale riusciremo a uscire urlando la nostra disperazione e la nostra rabbia”.
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