Il braccio di ferro su Autostrade lungo quasi tre anni 

Il braccio di ferro su Autostrade lungo quasi tre anni 

31. 05. 2021 Off Di admin

AGI – Tutto comincia il 14 agosto del 2018 con il crollo del Ponte Morandi di Genova. Da allora sono passati quasi tre anni fra trattative, polemiche, minacce e tentativi di riconciliazione. Da quell’agosto 2018 il M5s considera la revoca della concessione ad Aspi come un passaggio assolutamente imprescindibile. Inizia così il braccio di ferro tra la controllante di Aspi, Atlantia e il governo. Oggi rispetto al 2018 sono cambiati tre governi (allora c’era il Conte I), gli equilibri politici sono mutati, le posizioni oltranziste si sono attenuate, elemento importante per il buon esito della trattativa.

L’ultimo capitolo di questa lunga storia è stata scritto con l’offerta vincolante del consorzio guidato da Cdp insieme a Blackstone e Macquarie per acquistare l’88% di Aspi in mano ad Atlantia. La Cassa e i due fondi hanno offerto 9,3 miliardi di euro. Lunedì 31 maggio è fissata l’assemblea di Atlantia che deciderà se accettare l’offerta.  
Vediamo quali sono state le tappe principali della vicenda. 

Il Milleproroghe ha ridotto l’indennizzo da 23 a 7 miliardi

Senza la nuova legge, infatti il governo avrebbe dovuto pagare 23 miliardi di euro a titolo di risarcimento per porre fine alle concessioni di Autostrade prima del 2038. Il decreto Milleproroghe, approvato il 2 gennaio 2020, prevede una riduzione dell’indennizzo a 7 miliardi e il passaggio della concessione, in caso di revoca, ad Anas. Ma il top management di Atlantia ha anche sostenuto che il governo avrebbe imposto di vendere la sua quota di maggioranza in Autostrade a “Cassa Depositi e Prestiti ad un valore ridotto, creando un danno significativo a migliaia di investitori italiani e stranieri”.

Il cambio dei vertici di Atlantia e Aspi

La situazione si trascina ormai da molto e la situazione delle autostrade liguri l’estate del 2020 ha contribuito ad aggravare le tensioni. In mezzo a tutto ciò c’è stato il cambio dell’amministratore delegato di Atlantia con Carlo Bertazzo che ha sostituito Giovanni Castellucci e la nomina al vertice di Aspi di Roberto Tomasi. Proprio Tomasi ha presentato a gennaio 2020 un piano da 7,5 miliardi di investimenti in quattro anni. Piano tuttavia sospeso a fine maggio proprio a causa della disputa legale, del coronavirus e della spada di Damocle che pende su Aspi. La società infatti da quando è entrato in vigore il Milleproroghe ha maggiori difficoltà di accesso al credito e di conseguenza più problemi problemi a realizzare gli investimenti sulla rete. 

L’accordo nel Consiglio dei ministri del 14 luglio

Dopo il Cdm fiume del 14 luglio 2020, Governo e Benetton sembrano aver raggiunto un’intesa che prevede l’uscita della famiglia di Ponzano. Il punto di approdo di quella lunga notte di trattative contempla un’uscita dilazionata nel tempo di Atlantia da Aspi, entro un anno, l’ingresso di Cdp e la quotazione della società in Borsa. In quella occasione Atlantia si dice disponibile a cedere direttamente l’intera partecipazione in Aspi, pari all’88%, a Cassa Depositi e prestiti e a investitori istituzionali “di suo gradimento”.

Per la realizzazione del piano di manutenzione e investimenti, contenuto nella proposta transattiva, Atlantia e Aspi si impegnano a garantire il passaggio del controllo di Autostrade a Cassa depositi e prestiti attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di Cdp e l’acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali. Prevista anche la scissione proporzionale di Atlantia, con l’uscita di Aspi dal suo perimetro e la contestuale quotazione dell’azienda in Borsa. Gli azionisti di Atlantia valuteranno la smobilizzazione delle quote di Aspi, con conseguente aumento del flottante. Le compensazioni saranno a esclusivo carico dell’azienda “per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro”. 

I fondi azionisti e il nodo del prezzo

Ma mentre Atlantia e Cdp continuano a lavorare sul dossier Aspi, i fondi azionisti delle due società targate Benetton chiedono certezze sul loro investimento. Vogliono più informazioni sullo schema e sul prezzo. Da un lato chi è già nella società – Allianz, Edf e Dif Infrastracture, riuniti nel consorzio Appia, e i cinesi di Silk Road Fund – e chi è invece in Atlantia – il battagliero fondo inglese Tci, Hsbc, il fondo sovrano di Singapore Gic, Lazard e Norges Bank – non vogliono vedere la propria partecipazione, diretta o indiretta, svalutarsi rispetto al prezzo di carico a bilancio. Che, nel caso di Allianz&co, valorizza Autostrade per l’Italia 11,5 miliardi (meno dei 13,5 che valeva quando sono entrati, ndr).

Su valori non dissimili si posiziona la stima di Tci, che scrive al Mef per criticare duramente la prima ipotesi di lavoro per l’ingresso di Cdp in Aspi e dicendosi non soddisfatto nemmeno da quella di un’entrata della Cassa contestuale alla quotazione, se avverrà a sconto.

L’assemblea di Atlantia boccia la scissione

Altro passaggio importante della vicenda è la bocciatura dell’assemblea straordinaria di Atlantia della scissione. Il 29 marzo i soci della holding dei Benetton non hanno approvato la proroga dal 31 marzo al 31 luglio 2021 del termine per la scissione e pertanto “in assenza di offerte – entro il 31 marzo – per l’acquisto della complessiva partecipazione che Atlantia verrebbe a detenere in Autostrade Concessioni e Costruzioni spa, la scissione sarà interrotta e l’operazione di cui la stessa è parte non si perfezionerà”. La scissione rappresentava la strada alternativa alla cessione a Cdp. In quella occasione a ‘pesare’ sono state le azioni di Edizione e di Fondazione Crt (Cassa di Risparmio di Torino) riuscite a far passare con il 51,8% la loro linea contro quella dei fondi (48%). 

L’offerta di Florentino Perez

A scompaginare le trattative tra Cdp e Atlantia arriva, lo scorso 8 aprile, la proposta di Acs, gruppo spagnolo di costruzioni del presidente del Real Madrid Florentino Perez, che mescola nuovamente le carte. Il gruppo spagnolo contatta Atlantia per acquistare la controllata Autostrade per l’Italia offrendo 10 miliardi di euro. Un’offerta superiore a quella del consorzio guidato da Cdp. Il fondo Tci propende per la soluzione spagnola. Alla fine tuttavia l’offerta vincolante non arriva e sul tavolo resta quella di Cassa, Blackstone e Macquarie che sarà valutata dall’assemblea di Atlantia.

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