Silicon Valley Bank, il più grande fallimento dopo la crisi del 2008

Silicon Valley Bank, il più grande fallimento dopo la crisi del 2008

11. 03. 2023 Off Di admin

AGI – L’improvviso fallimento della Silicon Valley Bank (Svb), chiusa dalle autorità americane, ha portato caos e panico nel settore bancario, con i mercati che si interrogano sulle conseguenze del più grande fallimento di una banca a stelle e strisce negli Stati Uniti dalla crisi finanziaria del 2008. La banca non era più in grado di far fronte ai massicci prelievi dei suoi clienti, principalmente operatori tecnologici, e i suoi ultimi tentativi di raccogliere liquidità non hanno avuto successo. Le autorità americane hanno quindi ufficialmente preso possesso della banca affidandone la gestione all’agenzia americana preposta alla garanzia dei depositi (Fdic).

Poco nota al grande pubblico, Svb si era specializzata nel finanziamento di start-up ed era diventata la 16esima banca americana per dimensione di asset: a fine 2022 contava 209 miliardi di dollari di asset e circa 175,4 miliardi di depositi. La sua scomparsa rappresenta non solo il più grande fallimento bancario da quello della Washington Mutual nel 2008, ma anche il secondo più grande fallimento di una banca al dettaglio negli Stati Uniti.

Il segretario al Tesoro americano Janet Yellen ha assicurato, poco prima dell’annuncio dell’acquisizione di Svb, di seguire “molto da vicino” la situazione nel settore bancario. E poi, dopo aver incontrato i funzionari della Federal Reserve, della Federal Deposit Insurance Corporation e dell’Office of the Comptroller of the Currency per discutere gli sviluppi della Silicon Valley Ban, ha espresso “piena fiducia nelle autorità di regolamentazione bancaria affinché intraprendano azioni appropriate in risposta” e ha osservato che “il sistema bancario rimane resiliente e le autorità di regolamentazione dispongono di strumenti efficaci per affrontare questo tipo di eventi”.

Sui mercati il panico è scoppiato giovedì, dopo che Svb ha annunciato di voler raccogliere rapidamente capitali per far fronte ai massicci prelievi dei propri clienti, perdendo 1,8 miliardi di dollari sulla vendita di titoli finanziari. L’annuncio ha sorpreso gli investitori e riacceso i timori sulla forza del settore bancario nel suo complesso, soprattutto con il rapido aumento dei tassi di interesse che sta abbassando il valore delle obbligazioni nei portafogli. Le quattro maggiori banche statunitensi hanno perso 52 miliardi di dollari in borsa giovedì e sulla loro scia, le banche asiatiche e poi europee hanno vacillato. A Parigi, Societé Generale ha perso il 4,49%, Bnp Paribas il 3,82% e Credit Agricole il 2,48%. E, sempre in Europa, la banca tedesca Deutsche Bank ha perso il 7,35%, la britannica Barclays il 4,09% e la svizzera Ubs il 4,53%.

A Wall Street, le grandi banche hanno registrato un rally dopo la disfatta del giorno prima: JPMorgan Chase ha guadagnato il 2,3% a metà sessione mentre Bank of America e Citigroup sono vicine al pareggio. Le banche regionali, invece, sono più in subbuglio, First Republic e Signature Bank, ad esempio, hanno perso ciascuna il 23%. “Come spesso accade nella finanza, il problema non è venuto da dove ce lo aspettavamo”, spiega Alexander Yokum, della società Cfra.

“Molti osservatori si sono interrogati sul debito che si accumula sulle carte di credito o nel mercato immobiliare degli uffici. Non ci aspettavamo una ‘corsa agli sportelli'”, una reazione a catena che inizia con massicci prelievi da parte dei clienti. Gli investitori “hanno visto nelle difficoltà della banca anche l’impatto dell’inversione della curva dei rendimenti (quando i tassi a breve termine sono più alti di quelli a lungo termine, ndr)”, sottolinea in una nota Christian Parisot, del broker Aurel Bgc.

Le banche generalmente prendono in prestito a breve termine per concedere prestiti a medio e lungo termine. Senza contare che queste difficoltà sono coincise con l’annuncio, mercoledì sera, della liquidazione di Silvergate Bank, istituto particolarmente presente nelle criptovalute. Stephen Innes, analista di Spi Asset Management, vuole essere rassicurante, stimando “basso” il rischio “di un incidente di capitale o di liquidità tra le grandi banche”. Dopo la crisi finanziaria del 2008/2009 e il fallimento della banca americana Lehman Brothers, gli istituti hanno dovuto dare rafforzate garanzie di solidità ai loro regolatori nazionali ed europei.

Ad esempio, devono dimostrare un livello minimo più elevato di capitale destinato ad assorbire eventuali perdite. Per gli analisti di Morgan Stanley, “le pressioni sui finanziamenti che Svb deve affrontare sono davvero uniche e non dovrebbero essere viste come la norma per altre banche regionali. Non crediamo che il settore bancario stia affrontando una carenza di liquidità”, hanno insistito in una nota.

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