Tassi di interesse e inflazione. Quali saranno le prossime mosse di Fed e Bce

Tassi di interesse e inflazione. Quali saranno le prossime mosse di Fed e Bce

29. 01. 2023 Off Di admin

AGI – L’economia globale dà segnali di resilienza, l’inflazione sembra che abbia smesso di correre, la decisione della Cina d’interrompere la cura da cavallo per contenere il Covid pare che funzioni, i costi dell’energia si stanno raffreddando.

Sono gli ingredienti che finiranno sui tavoli dei banchieri di Fed e Bce impegnati nelle riunioni della prossima settimana e che dovrebbero portali a decidere che, sì, la politica di stretta monetaria deve continuare, ma con più moderazione. Tradotto, i tassi continueranno ad aumentare ancora un altro po’, pero’ con un ritmo più lento di quello adottato nel 2022.

Per un’inversione di tendenza, cioè per vedere una riduzione dei tassi stessi, bisognerà invece attendere il 2024, quando le misure adottate in questo biennio avranno sprigionato per intero i loro effetti e l’inflazione si sarà abbassata verso il 2%, la soglia che rappresenta la stella polare sia della Fed sia della Bce. A corroborare questo scenario sono, quasi all’unanimità, una schiera di esperti e analisti.

Cosa dicono i recenti risultati macroeconomici 

Si parte dal dato sul Pil statunitense del quarto trimestre 2022 che indica una crescita del +2,9% su base annua, superiore alle previsioni di mercato ferme al +2,6%. Nell’intero 2022 il Prodotto interno lordo americano è cresciuto del +2,1% anno su anno rispetto al +5,9% del 2021.

I risultati mostrano una decisa ripresa dell’economia a stelle e strisce dopo il modesto calo dell’attività economica nei primi due trimestri dell’anno scorso (-1,6% nel primo e -0,6% nel secondo trimestre).

La resilienza dell’economia americana continua, dunque, a stupire gli operatori di mercato che solo qualche mese fa annunciavano una pronta recessione, eventualità che al momento resta improbabile stando ai fondamentali macroeconomici e alle future mosse di politica monetaria della Federal Reserve che preannunciano un rilassamento dei rialzi del costo del denaro nelle prossime riunioni.

Il parere degli esperti

“La Banca centrale statunitense, infatti, sembra diretta verso un rallentamento della sua stretta monetaria con uno scontato rialzo di 25 punti base nella prossima riunione prevista per il 31 gennaio-1 febbraio. I tassi d’interesse dovrebbero passare dall’attuale livello compreso tra il 4,25-4,5% fino al 4,5-4,75%. Per le prossime riunioni ci aspettiamo almeno altri 2 aumenti da 25 punti base portando i tassi al 5-5,25% (livello terminale per il processo d’incremento del costo del denaro)”, prevede il Market strategist di IG Italia, Federico Vetrella.

Per Vetrella, inoltre, dati sul Pil “faranno certamente ritornare alla carica i membri più ‘falchi’ all’interno del Fomc che sosterranno il mantenimento della stretta monetaria della Fed (giustificandola con la forza dell’economia) in modo da evitare la ripresa delle pressioni inflazionistiche che sono risultate pari al +6,5% a/a nel mese di dicembre”.

Insomma, “stando ai dati macroeconomici la recessione sembra molto improbabile con i passati timori che risultano ormai superati e aprono invece le speranze per un ‘soft landing’ e i mercati si attendono che “le banche centrali stabilizzeranno il costo del denaro a un livello non troppo deleterio per la crescita economica”, conclude Vetrella.

In sintonia l’analisi di Gero Jung, Chief economist di Mirabaud AM: “Ci aspettiamo che durante la riunione del prossimo primo febbraio la Federal Reserve continuera’ ad alzare i tassi d’interesse, ma lo fara’ di soli 25 punti base”.

L’outlook di Allianz Global Investors stima che, dopo le dichiarazioni restrittive rilasciate ancora nello scorso dicembre, “ci sia una conferma della linea adottata”, in quanto “una conclusione prematura della politica restrittiva comporterebbe troppi rischi“.

“Nell’area euro e nei maggiori Paesi saranno pubblicati nuovi dati sull’andamento dell’inflazione, dai quali dovrebbe trasparire un’ulteriore distensione. Grazie alla decelerazione dei prezzi dell’energia i prezzi al consumo saranno inferiori rispetto a quelli dello scorso anno. Ma tale evoluzione non basterà per far cambiare rotta alla Bce”, specifica Allianz Global Investors che conclude: “la prossima settimana vi sarà molta attesa anche per il tasso di disoccupazione nell’area-euro e in Germania; il mercato prevede dati relativamente solidi tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, dove la solidità del mercato del lavoro sostiene la spesa al consumo e consente al contempo alla Fed di continuare a inasprire la politica monetaria al fine di conseguire i suoi due obiettivi”.

 

Per Kevin Thozet, membro dell’Investment Committee di Carmignac, in un contesto in cui l’inflazione core non mostra segni di decelerazione, i salari continuano a registrare una traiettoria al rialzo e le aspettative di crescita sono state riviste in positivo, “non c’è dubbio che il 2 febbraio la Bce porterà i tassi di deposito al 2,5%; a maggior ragione dal momento che un rialzo di 50 punti base è già stato ampiamente anticipato dalla sua forward guidance”. Semmai, la vera domanda non è ‘se’ ma ‘quanto’ durerà questo periodo di rialzi di 50 punti base.

“Forse ci vorranno due meeting, com’e’ stato per il periodo di rialzi di 75 punti base”, ma di sicuro “riteniamo probabile che Lagarde prosegua con una politica monetaria aggressiva, considerando che l’economia europea ha sorpreso al rialzo dopo le sue ultime dichiarazione del 2022 e che le aspettative sul limite massimo dei tassi d’interesse in questo ciclo d’inasprimento si sono ridotte, cosi’ come quelle relative a sorprese al ribasso sui prezzi del gas”, risponde l’esperto di Carmignac.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, invece, “il livello previsto a cui la Fed porterà i tassi d’interesse (ovvero il tasso terminale) è rimasto stabile, mantenendosi intorno al 5% dallo scorso novembre”, di conseguenza, “crediamo che d’ora in poi dovrebbe aumentare i tassi a un ritmo più lento e procedere la prossima settimana con un ‘normale’ aumento di 25 punti base, portando i Fed Funds al limite fissato per i terminal rate. La persistenza dell’inflazione salariale implica che i tassi di deposito saranno portati a un livello più alto di quanto stimato o che si aggireranno sul livello terminale più a lungo del previsto”, continua ancora l’analista di Carmignac che chiude: “Il prossimo incontro della Fed lascia poco margine per le sorprese. La riunione di marzo e di giugno potrebbero essere caratterizzate da due ulteriori rialzi di 25 punti base (ossia più di quanto prezzato attualmente). Analogamente, anche nell’Eurozona il rischio sui tassi d’interesse a breve termine è al rialzo”.

Rbc BlueBay AM fa notare di aver percepito “un certo grado di preoccupazione all’interno del Fomc per il fatto che il rallentamento del ritmo dei rialzi dei tassi equivale a un allentamento della politica agli occhi del mercato. Da questo punto di vista, una mossa di 50 punti base al prossimo Fomc potrebbe essere un brutto colpo, anche se in realtà sembra che il presidente della Fed Jerome Powell e i suoi colleghi non abbiano intenzione di fare una tale sorpresa sconvolgendo i mercati. Ci sembra più probabile un rialzo di 25 punti base accompagnato da una retorica falco”, prosegue Rbc BlueBay AM ritenendo che Powell “voglia assicurarsi di non dire nulla che possa essere preso a pretesto dagli investitori per far scendere i rendimenti dei Treasury o far salire gli asset di rischio, subito dopo il Fomc”.

Tuttavia, “notiamo che il mercato si aspetta che i tassi raggiungano il picco appena sotto il 5% e che la Federal Reserve allenti due volte prima della fine dell’anno in corso, ma ci sono ampi margini per deludere queste proiezioni, a meno che non si verifichi un rallentamento molto più significativo dell’attività economica, che sarebbe comunque una cattiva notizia per gli utili societari e la qualità del credito”, spiega Rbc BlueBay AM.

Messa in cantiere la posizione della Fed, gli esperti di Rbc BlueBay AM ipotizzano che anche la Bce “esprimerà una valutazione relativamente da falco, quando giovedì prossimo aumenterà i tassi di 50 punti base. Sebbene il calo dei prezzi dell’energia stia chiaramente aiutando le prospettive dell’inflazione (cosi’ come le posizioni di deficit pubblico), l’inflazione core rimane elevata e potrebbe richiedere una politica monetaria restrittiva per diversi trimestri”.

 Sul fronte di eventuali tagli dei tassi, infine, “riteniamo che siano possibili solo nel quarto trimestre, se la crescita avrà rallentato, il mercato del lavoro si sarà raffreddato e l’inflazione core si avvicinerà molto di più all’obiettivo del 2%” 

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