Il Pil Usa corre, la Fed verso un allentamento della stretta

Il Pil Usa corre, la Fed verso un allentamento della stretta

31. 01. 2023 Off Di admin

AGI – L’economia globale dà segnali di resilienza, l’inflazione sembra che abbia smesso di correre, la decisione della Cina d’interrompere la cura da cavallo per contenere il Covid pare che funzioni, i costi dell’energia si stanno raffreddando. Sono gli ingredienti che finiranno sui tavoli dei banchieri di Fed e Bce impegnati nelle riunioni di questa settimana e che dovrebbero portali a decidere che, sì, la politica di stretta monetaria deve continuare, ma con più moderazione. Tradotto, i tassi continueranno ad aumentare ancora un altro po’, però con un ritmo più lento di quello adottato nel 2022.

Per un’inversione di tendenza, cioè per vedere una riduzione dei tassi stessi, bisognerà invece attendere il 2024, quando le misure adottate in questo biennio avranno sprigionato per intero i loro effetti e l’inflazione si sarà abbassata verso il 2%, la soglia che rappresenta la stella polare sia della Fed sia della Bce. A corroborare questo scenario sono, quasi all’unanimità, una schiera di esperti e analisti. 

La crescita del Pil e la stretta della Fed

Si parte dal dato sul Pil statunitense del quarto trimestre 2022 che indica una crescita del +2,9% su base annua, superiore alle previsioni di mercato ferme al +2,6%. Nell’intero 2022 il Prodotto interno lordo americano è cresciuto del +2,1% anno su anno rispetto al +5,9% del 2021. I risultati mostrano una decisa ripresa dell’economia a stelle e strisce dopo il modesto calo dell’attività economica nei primi due trimestri dell’anno scorso (-1,6% nel primo e -0,6% nel secondo trimestre). La resilienza dell’economia americana continua, dunque, a stupire gli operatori di mercato che solo qualche mese fa annunciavano una pronta recessione, eventualità che al momento resta improbabile stando ai fondamentali macroeconomici e alle future mosse di politica monetaria della Federal Reserve che preannunciano un rilassamento dei rialzi del costo del denaro nelle prossime riunioni.

“La Banca centrale statunitense, infatti, sembra diretta verso un rallentamento della sua stretta monetaria con uno scontato rialzo di 25 punti base nella prossima riunione prevista per il 31 gennaio-1 febbraio. I tassi d’interesse dovrebbero passare dall’attuale livello compreso tra il 4,25-4,5% fino al 4,5-4,75%. Per le prossime riunioni ci aspettiamo almeno altri 2 aumenti da 25 punti base portando i tassi al 5-5,25% (livello terminale per il processo d’incremento del costo del denaro)”, prevede il Market strategist di IG Italia, Federico Vetrella. In sintonia l’analisi di Gero Jung, Chief economist di Mirabaud AM: “Ci aspettiamo che durante la riunione del prossimo primo febbraio la Federal Reserve continuerà ad alzare i tassi d’interesse, ma lo farà di soli 25 punti base”.

L’outlook di Allianz Global Investors stima che, dopo le dichiarazioni restrittive rilasciate ancora nello scorso dicembre, “ci sia una conferma della linea adottata”, in quanto “una conclusione prematura della politica restrittiva comporterebbe troppi rischi”. “Nell’area euro e nei maggiori Paesi saranno pubblicati nuovi dati sull’andamento dell’inflazione, dai quali dovrebbe trasparire un’ulteriore distensione. Grazie alla decelerazione dei prezzi dell’energia i prezzi al consumo saranno inferiori rispetto a quelli dello scorso anno. Ma tale evoluzione non basterà per far cambiare rotta alla Bce”, specifica Allianz Global Investors. Per Kevin Thozet, membro dell’Investment Committee di Carmignac, in un contesto in cui l’inflazione core non mostra segni di decelerazione, i salari continuano a registrare una traiettoria al rialzo e le aspettative di crescita sono state riviste in positivo, “non c’è dubbio che giovedì la Bce porterà i tassi di deposito al 2,5%; a maggior ragione dal momento che un rialzo di 50 punti base è già stato ampiamente anticipato dalla sua forward guidance”. 

Rbc BlueBay AM fa notare di aver percepito “un certo grado di preoccupazione all’interno del Fomc per il fatto che il rallentamento del ritmo dei rialzi dei tassi equivale a un allentamento della politica agli occhi del mercato. Da questo punto di vista, una mossa di 50 punti base al prossimo Fomc potrebbe essere un brutto colpo, anche se in realtà sembra che il presidente della Fed Jerome Powell e i suoi colleghi non abbiano intenzione di fare una tale sorpresa sconvolgendo i mercati. Ci sembra più probabile un rialzo di 25 punti base accompagnato da una retorica falco”, prosegue Rbc BlueBay AM ritenendo che Powell “voglia assicurarsi di non dire nulla che possa essere preso a pretesto dagli investitori per far scendere i rendimenti dei Treasury o far salire gli asset di rischio, subito dopo il Fomc”.

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