Morning Bell: I mercati sono più ottimisti ma restano cauti su una rapida soluzione della crisi ucraina 

Morning Bell: I mercati sono più ottimisti ma restano cauti su una rapida soluzione della crisi ucraina 

16. 02. 2022 Off Di admin

AGI – Un leggero allentamento nelle tensioni in Ucraina è sufficiente per determinare sui mercati azionari la prima sessione positiva da 4 giorni a questa parte. È stata Mosca a compiere un primo passo verso la de-escalation, annunciando l’inizio del ritiro delle truppe dal confine con l’Ucraina dopo la “conclusione delle esercitazioni militari”. Lo riferisce il ministero della Difesa russo, mentre trapela che 10.000 dei 130.000 effettivi russi dislocati presso i confini si appresterebbero a ritirarsi.

L’annuncio fa bene alle Borse in paertura del 16 gennaio 2022. In Asia i listini vanno in rally, sulla scia di Wall Street. Tokyo sale del 2,2%, Shanghai dello 0,4% e Hong Kong dell’1,35%. Più cauti i future a Wall Street e in Europa, con quelli a New York che arretrano dello 0,2% e quelli sull’EuroStoxx 50 che avanzano dello 0,1%. Già nella gioranta di martedì 15 febbraio i mercati avevano brindato, con le Borse europee su di oltre l’1%, il Nasdaq in rialzo del 2,5% il prezzo del petrolio giù intorno al 3% e lo spread in calo da 170 a 165 punti. Unica nota un po’ stonata: il rialzo a oltre il 2% del rendimento dei Treasury Usa. D’altra parte i mercati non guardano solo all’Ucraina e devono anche tenere d’occhio gli eventi più strettamente economici. 

Oggi il calendario prevede i due avvenimenti più importanti della settimana: i dati sulle vendite al dettaglio Usa a gennaio e le minute della Fed sulla riunione dello scorso 26 gennaio. Sarà interessante capire come va l’economia sul fronte dei consumi e che si sono detti i governatori della banca centrale Usa, nella riunione in cui si sono visti prima dell’impennata del 7,5% dell’inflazione, un dato che ha scosso i mercati, alimentando l’aspettativa di rialzi più forti e più ravvicinati per quest’anno dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve.

Oggi è anche il giorno indicato dall’intelligence Usa come la data del possibile attacco russo contro l’Ucraina e che il presidente Zelensky ha fatto diventare per decreto la Giornata dell’unità nazionale. Vladimir Putin ha assicurato che Mosca non vuole una guerra, anche se il presidente Usa Biden e il francese Macron non si fidano e hanno chiesto le prove del ritiro delle truppe russe dai confini. Lo stesso Putin, dopo quattro ore di colloqui con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha ribadito che Mosca “non accetterà mai l’allargamento della Nato fino ai nostri confini, è una minaccia che noi percepiamo chiaramente”. Insomma, i venti di guerra si sono un pò placati ma non hanno smesso di soffiare.

Si allenta la tensione in Ucraina ma la guardia resta alta

Ieri Scholz ha visto Putin per quattro ore e dai colloqui sono emersi toni distensivi, ma anche alcune importanti precisazioni. Sulle aspirazioni atlantiste di Kiev tra i due leader c’è ancora distanza. “Sono stato chiaro che su alcune posizioni non ci sono possibilità di negoziare”, ha risposto Scholz a chi gli ha chiesto se si potesse ipotizzare una moratoria sull’eventuale ingresso dell’Ucraina nella Nato.

A frenare gli entusiasmi sono arrivate anche le dichiarazioni del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, secondo il quale non ci sono al momento evidenze riguardo a un ritiro anche parziale: “Non ci sono segnali sul terreno che la Russia stia riducendo le truppe ai confini dell’Ucraina”. Toni fermi sono di nuovo venuti dal presidente Usa Joe Biden, il quale resta scettico sulle intenzioni russe e ritiene ancora “concreto” il rischio di un’invasione. Biden si è sentito con Macron e ha ribadito che “fino a quando ci sarà la speranza di una risoluzione diplomatica – che prevenga l’uso della forza ed eviti le incredibili sofferenze umane che seguirebbero – la perseguiremo”.

Tuttavia il presidente Usa mette in guardia Mosca, puntualizzando che Washington è pronta a difendere senza tentennamenti tutti i Paesi della Nato: “Non fate errori, gli Stati Uniti difenderanno ogni centimetro del territorio della Nato con tutta la forza del potere americano. Un attacco contro un Paese della Nato è un attacco contro tutti noi”, ha detto Biden, evocando la regola di difesa collettiva dell’alleanza conosciuta come articolo 5.

Poi è toccato al segretario di Stato Usa Antony Blinken procedere operativamente e parlare con i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito, in quella che ha definito un'”importante conversazione” e un “apprezzato coordinamento per rendere operativa una risposta rapida, severa e unita da parte degli Stati Uniti e dell’Europa nel caso di un’ulteriore escalation russa contro l’Ucraina “. Intanto i capi di Stato e di governo dell’Unione europea stanno continuando a lavorare per organizzare un summit per discutere della crisi in Ucraina questa settimana.

 Lo riferisce il “Financial Times” che cita funzionari della Commissione europea. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel dovrebbe valutare l’opzione di tenere un vertice a margine del summit Ue-Africa precedentemente pianificato, previsto per giovedì e venerdì di questa settimana. In ogni modo a Bruxelles si riuniscono oggi e domani i ministri della Difesa dell’Alleanza Atlantica. Mario Draghi stasera vedrà a Parigi Macron in occasione del summit sul Sahel. Dopo il colloquio telefonico di ieri tra Draghi e il presidente ucraino Zelensky, in giornata il ministro degli Esteri russo Lavrov riceve Di Maio.

Negli Usa i prezzi della produzione volano a gennaio 

I prezzi alla produzione negli Stati Uniti sono saliti dell’1% mensile a gennaio, a fronte del +0,4% di dicembre e su base annuale si sono impennati del 9,7% dal 9,8% dell’anno precedente. I dati superano le attese degli analisti che avevano previsto un aumento dello 0,5% congiunturale e del 9,1% tendenziale. L’inflazione core, ovvero l’indice depurato dai prezzi dei beni energetici e alimentari, è avanzata dell’8,3% su base annua.

Un altro parametro che misura l’inflazione core, ovvero l’indice depurato dai prezzi dei beni energetici, dei beni alimentari e anche dei servizi commerciali – parametro preferito dagli economisti, in quanto esclude ulteriori componenti volatili – è salito del 6,9% su base annua. “Non ci sono buone notizie dal fronte dell’inflazione”, ha commentato Kathy Jones, capo stratega di Charles Schwab.

“I prezzi dei beni continuano a salire e ora salgono pure quelli dei servizi”. Questi dati arrivano sulla scia di un altro allarmante rapporto sull’inflazione, che la scorsa settimana ha mostrato i prezzi al consumo degli Stati Uniti salire al ritmo annuo più veloce in 40 anni, al 7,5%. Un’inflazione elevata è un ostacolo per l’agenda economica del presidente Joe Biden e per la Fed. Intanto in Cina l’inflazione continua a scendere. L’indice dei prezzi al consumo a gennaio è aumentato dello 0,9% rispetto all’anno precedente, in frenata rispetto all’1,5% di dicembre e meno dell’atteso +1%. “Il calo dei prezzi in Cina – commenta Zhiwei Zhang, capo economista di Pinpoint Asset Management – riflette la debole domanda interna”.

Attesa per i dati sul retail negli Usa e minute Fed 

Oggi è il giorno più interessante della settimana, con l’uscita dei dati sulle vendite al dettaglio Usa a gennaio e la diffusione delle minute sulla riunione Fed dello scorso 26 gennaio. La previsione è quella di una crescita congiunturale del retail Usa dell’1,8%, dopo il -1,9% di dicembre. Inoltre la Fed rilascerà le minute della riunione dello scorso 26 gennaio.

Sarà interessante capire cosa si sono detti in quell’occasione i governatori della banca centrale, che comunque si sono visti prima dei dati sull’inflazione Usa, che la settimana scorsa hanno alimentato l’aspettativa di rialzi più forti e più ravvicinati per quest’anno dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve. In questi giorni hanno pesato le parole del ‘falco’ della Fed di St. Louis, James Bullard, il quale ha sostenuto che la Fed deve combattere l’inflazione in modo più aggressivo. “Penso – ha detto Bullard – che abbiamo bisogno caricare maggiormente la programmata rimozione della nostra politica accomodante. I dati al rialzo sull’inflazione ci hanno sorpreso. Dobbiamo fare i conti con un sacco di inflazione“.

Secondo Bullard “occorre reagire a questi dati”, anche perchè dopo il +7,5% di gennaio l’inflazione Usa potrebbe accelerare ancora. Le parole di Bullard, arrivano dopo altre sue dichiarazione che hanno ‘incendiatò i mercati alla fine della scorsa settimana, quando si è detto favorevole a un aumento del costo del denaro da 50 punti base a marzo e su una serie di rialzi da 100 punti base entro l’1 luglio.

La stabilizzazione dei prezzi del petrolio

I prezzi del petrolio si stabilizzano dopo essere scesi ieri di oltre il 3%, sulla scia dell’annunciato ritiro delle truppe russe dai confini con l’Ucraina. Sui marcati asiatici i future sul Brent scambiano stabili a 93,19, dopo essere scivolati del 3,3% durante la notte. I future sul Wti si fermano a 92,13 dollari, dopo aver lasciato sul terreno il 3,16%. Quest’anno il prezzo di Brent è salito del 50% e quello del Wti circa del 60%, per il temuto calo della domanda legato alla pandemia. Secondo gli esperti il petrolio resta in corsa per raggiungere i 100 dollari al barile.

“Tecnicamente potremmo vedere i prezzi tornare a 90 dollari e poi poi tendere verso i 100 dollari la domanda sale e l’offerta rischia di restringersi”. ha detto Jonathan Barratt, chief investment officer di Probis Group. Intanto, mentre i venti di guerra in Ucraina fanno temere il peggio all’Europa sul fronte dell’approvvigionamento, gli Usa si riposizionano all’interno scenario energetico e, per la prima volta in assoluto, le loro esportazioni di gas naturale liquefatto verso l’Europa superano le consegne dei gasdotti russi. è quanto si legge i un’analisi sul Wall Street Journal di Daniel Yergin, economista americano ed esperto di energia, nonchè vicepresidente di IHS Markit.

“Le esportazioni russe, che normalmente rappresentano circa il 30% del consumo di gas in Europa, sono diminuite notevolmente a causa dei prezzi. E con i prezzi del gas europei circa quattro volte più alti del normale, le esportazioni statunitensi sono aumentate per colmare il divario”. 

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